Arcs: Diario del Progettista

Leder Games, BGG

La stoica Rin Hisegawa, aka Francesca Cangioli, ha tradotto il diario dell'autore, nel quale è narrata la storia della progettazione del gioco Arcs, in uscita nel 2023, quel Cole Wehrle di Root e di Oath, ma anche di Pax Pamir e John Company.

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Parte 1 - Cos'è tutto questo?

Durante l'anno passato ho lavorato a un nuovo gioco. In quel periodo mi sono trattenuto attentamente dal condividere dettagli sulla sua progettazione e il suo sviluppo, se si escludono l'occasionale intervista o post su Twitter.

In genere sono fiero di seguire un processo progettuale trasparente, ma in questo caso c'erano un paio di motivi per cui ho voluto mantenere le cose relativamente tranquille. Prima di tutto, Arcs è la risposta ad alcune lezioni sulla progettazione che ho appreso lavorando a Oath, nonché il proseguimento di quella indagine sulle partite a campagne “stile chronicle”. Per gran parte del tempo in cui ho lavorato ad Arcs, non avevo idea della risposta che avrebbe ottenuto Oath. Se Oath non avesse avuto successo, non avrei voluto far perdere tempo a tutti quanti parlando di un gioco che avrebbe potuto avere un simile destino.

Il secondo motivo non ha nulla a che fare col gioco, ma è strettamente collegato allo studio. Leder Games ha fatto passi da gigante negli ultimi cinque anni. Il nostro staff è quasi triplicato durante quel periodo e adesso ci siamo abbastanza sviluppati da aver vari progetti in corso in qualsiasi momento. Non volevo distogliere l'attenzione da Root: Marauder o dall'espansione di Fort.

Se devo essere completamente onesto, c'era anche una terza ragione. Lo sviluppo di Oath è stata una questione decisamente pubblica. Ho scritto decine di migliaia di parole sul suo progetto e sul suo sviluppo e, per quante fossero, era solo una frazione di una conversazione più ampia che gravitava attorno al gioco. Ho trascorso giornate intere a discutere i dettagli del gioco sul nostro canale Discord dedicato al playtest. Questo percorso ha decisamente dato i suoi frutti ma è anche stato estremamente stancante. Mentre mi preparavo a iniziare il progetto successivo, di una sola cosa ero sicuro: volevo ritornare alle origini. Molti dei miei primi giochi sono stati realizzati da un team ristretto. Mi mancava provare e riprovare con un solo gruppo di playtester. Mi mancava anche poter pensare con calma al progetto e volevo darmi lo spazio necessario per far sedimentare la mia idea.

Sotto molti aspetti cruciali, questo tentativo si è dimostrato essere un'impresa folle. Nessuno lavora mai veramente da solo e Arcs ha beneficiato immensamente dell'intero team di Leder Games. In ogni caso, il mio tentativo di concentrarmi su questo progetto e ridimensionare il mio metodo ha ovviamente posto le fondamenta per un gioco molto diverso da Oath. Penso che tutto questo diventerà più evidente a mano a mano che condividerò più dettagli sul progetto.

Nel corso delle prossime settimane pubblicherò una serie di diari della progettazione qui su BBG. Farò del mio meglio per sviscerare ogni elemento del progetto e spiegare alcuni dei meccanismi che rendono incisivo questo gioco. Ci saranno anche molti, moltissimi consigli di lettura.

Perchè postare questi diari su BGG? Beh, perché mi piace qui. Come ho già scritto, BGG è stata la comunità che maggiormente mi ha permesso di percorrere la strada del game design. Sotto vari aspetti, devo la mia carriera a molte delle persone qui che mi hanno incoraggiato o hanno semplicemente trascorso del tempo a discutere con me di varianti o regole. Purtroppo mi sono accorto di non passare più tanto tempo qui come prima. Postare tutti questi diari di progettazione mi fornisce una scusa per trascorrere qui un po' più di tempo ogni settimana.

Quindi, basta convenevoli. Che cavolo è Arcs? 

 

Arcs è un gioco da 3-4 giocatori che si sviluppa in una micro-campagna e che richiede da una a tre sessioni per essere completato. I giocatori possono anche decidere di giocare campagne abbreviate che potrebbero richiedere solo una o due sessioni. Ogni sessione dura una o due ore, soprattutto a seconda dell'esperienza dei giocatori, quindi i giocatori esperti possono facilmente giocare tutti e tre i capitoli in una singola sessione. Tuttavia, è anche possibile salvare i propri progressi nel caso in cui si preferisca continuare un altro giorno.

In Arcs, i giocatori iniziano interpretando piccole società spaziali che assieme formano un impero fatiscente. Durante la campagna si troveranno ad affrontare sfide spaventose e dovranno compiere difficili scelte. Sarai in grado di unificare i sistemi esterni prima che l'incombente invasione abbia luogo? Dovresti ospitare i rifugiati o lasciarli al loro destino? Le conseguenze delle tue azioni segneranno il corso delle giocate successive. Una confederazione di sistemi esterni potrebbe giungere a rovesciare l'impero. I rifugiati che hai ignorato potrebbero aver rivelato i propri segreti a un altro giocatore. Un folle magnate del commercio potrebbe drenare la galassia dalle proprie risorse, facendo sprofondare l'universo in un nuovo medioevo. I giocatori potrebbero persino vedersi costretti ad abbandonare le proprie case, solitari come vagabondi (e con pochi pezzi!)

Se Root offriva ai giocatori uno scorcio attraverso il tempo di diverse posizioni asimmetriche, Arcs racconta la storia di come queste posizioni asimmetriche emergono – e persino di come potrebbero ulteriormente cambiare. Il gioco offre dozzine di “ruoli” che appaiono organicamente nel corso del gioco. E, come in Oath, niente nel gioco va mai sprecato. I giocatori possono in qualsiasi momento inziare una nuova campagna e i quelli con esperienza troveranno un valore aggiunto nella possibilità di esplorare le molteplici possibilità narrative e di rivisitarle in nuovi contesti.

Inoltre, ho cercato di rendere il gioco assolutamente alla portata di tutti. Nonostante ami lavorare a pubblicazioni sofisticate, dopo il completamento di Oath e John Company mi sentivo pronto per costruire un design più semplice dove la maggior parte della complessità si trovasse dietro le quinte. Le regole principali di Arcs sono solo leggermente più complicate di quelle di Root e il gioco non è più difficile di quanto lo sia imparare un sola sola fazione di difficoltà moderata, come gli Eyrie. Infatti, speriamo di poter offrire una brossure di quattro pagine contenente le “regole base” che vi permetterà di iniziare a giocare senza il bisogno di un tutorial guidato.

Nonostante la semplicità, c'è un sacco di gioco da esplorare. Di solito devo far sì che le meccaniche di base dei miei giochi siano estremamente semplici in modo da poter giustificare la complessità di altri aspetti. Per esempio, in Pamir le meccaniche di combattimento sono a mala pena definibili meccaniche. Questa scelta è stata necessaria alla luce dei complessi standard da soddisfare per ottenere la vittoria e della quantità di informazioni che i giocatori dovevano gestire fra la situazione del tabellone, il mercato delle carte e le corti degli altri giocatori. In contrapposizione, il motore d'azione principale di Arcs è molto più espressivo e interattivo. Si tratta più che altro di un gioco sulla finezza delle operazioni e sulla gestione del ritmo.

Questi aspetti creano da soli un gioco avvincente – e sono il motivo per cui il gioco conterrà una modalità da una sola sessione ben strutturata di cui parlerò in dettaglio più avanti. Comunque, le meccaniche di gioco sono create per offrire gli spunti narrativi che ho in mente di usare nel corso dell'intera partita a campagne.

Questa scelta segna un'importante svolta rispetto al modo in cui le partite a campagne / in stile Legacy sono normalmente strutturate. Spesso, chi le progetta parte dalla struttura di un buon gioco singolo (ad esempio Pandemic) e poi unisce le varie versioni (ad esempio Pandemic: Legacy) per raccontare una storia più articolata. Questo metodo può ovviamente dare ottimi risultati (si veda il successo di Pandemic: Legacy!), ma credo che sia possibile porre fondamenta molto più solide per una partita a campagne progettando le meccaniche di base tenendo in mente lo sviluppo della partita stessa.

Ora penserete, “Beh, non è la stessa cosa per Oath?” Sì e no. Oath ha limitazioni significative in termini di progettazione. Una delle limitazioni più critiche si traduce nel fatto che il gioco non può rendersi ingiocabile. Questo significa che ogni nozione di inizio, metà e fine ha senso solo all'interno della meta-narrativa del gioco. In questo caso, i giocatori devono decidere quando un impero crolla e un altro sorge. Arcs non ha simili restrizioni. Mentre la rappresentazione del tempo in Oath è generalmente fluida, in Arcs è irregolare. Dove Oath parla dell'inarrestabile fluire della storia, Arcs si focalizza sulle origini e le cadute. Di conseguenza, Arcs ha un carattere leggermente più commerciale e sviluppa strutture narrative più convenzionali rispetto al suo fratello maggiore.

Questa è una delle ragioni per cui il gioco ha un limite di giocatori più restrittivo. I giocatori dovranno per forza iniziare e terminare la campagna assieme, ma questa limitazione permette una precisione narrativa che supera di gran lunga qualsiasi cosa di cui Oath fosse capace. Se un gioco termina con la nave spaziale della tua stirpe ormai decimata che si allontana verso i sistemi esterni, il prossimo inizierà coi cacciatori ancora sulle sue tracce. 

Nel corso delle prossime settimane scriverò molto altro sul sistema a campagne e sulle modalità di gioco. Prima, però, voglio fare un passo indietro e raccontarvi un po' delle origini del gioco e di come la sua strategia narrativa differisca da qualsiasi altra cosa abbia mai fatto. Inizieremo da lì la prossima settimana.

Parte 2 - Interventi e Origini

Nota: questo articolo parla degli scambi fra Void Lich (un altro progetto di Leder Games) e Arcs, oltre che di alcune delle sfide narrative e di progettazione che il gioco affronta. Se sei interessato solo all'impronta generale del gioco, dai un'occhiata alla descrizione di BGG. Se sei curioso di imparare qualcosa in più sulle specifiche meccaniche del gioco e sul loro sviluppo, dovrai attendere fino alla prossima settimana. C'è così tanto di cui parlare!

La maggior parte dei miei giochi hanno periodi d'incubazione davvero lunghi. Tracce di John Company, così come di Oath, possono essere trovate in appunti vecchi di decenni. Arc non funziona così.

Poco dopo aver terminato Oath, nell'autunno del 2020, mi sono scoperto a desiderare ancora di lavorare a una partita a campagne in stile chronicle. Nonostante fossi felice di come avevo realizzato Oath, c'erano ancora un sacco di questioni interessanti che non ero riuscito ad affrontare. Inoltre, avevo imparato un sacco su come si lavora a questo genere di progetto. Fondamentalmente, Oath era un gioco estremamente sperimentale e mi ha insegnato moltissimo come le situazioni di gioco possano adattarsi o meno ai giocatori.

Originariamente era previsto che io progettassi il prossimo set di fazioni per Root. Ero entusiasta all'idea di questo progetto. Sebbene lavorare a Root possa essere complesso, ho pensato che avrebbe costituito una gradevole pausa dal lavoro su Oath. Tuttavia, appena ho iniziato a organizzare i miei appunti e a pensare a quali fazioni mi sarebbe piaciuto realizzare, mi sono scoperto ad essere ancora influenzato da Oath. Allo stesso tempo, non volevo creare un'espansione di Oath. Il gioco era ancora troppo recente e io non avevo ancora ben chiaro neppure che forma avrebbe potuto prendere ulteriore contenuto. Invece, volevo progettare qualcosa di completamente nuovo che approcciasse da una prospettiva differente alcune delle narrative chiave di Oath e delle sue dinamiche.

In quel periodo, Patrick stava lavorando ad un classico gioco 4x chiamato Void Lich. L'idea consisteva in di un gioco di conquista spaziale sullo stile di Stellaris, con qualche asimmetria fra i giocatori sullo stile di Twilight Imperium. I giocatori dovevano controllare i pianeti, personalizzare le flotte, infiltrarsi nei rispettivi governi e sviluppare piccoli imperi spaziali. Patrick aveva deciso di conferirgli un formato di campagna sceneggiata a ramificazioni che mi ricordava un po' i libri a campagne Memoir '44.

La maggior differenza fra lo stile di  progettazione di Patrick e una tradizionale campagna ramificata era che alcuni elementi nella situazione del giocatore si sarebbero mantenuti da una partita alla successiva. Inoltre, aveva aggiunto una progressione dell'impero in cui piccole società potevano diventare più grandi o al contrario diventare frammentate e aggressive spostandosi principalmente con le loro flotte in cerca di nuovi mondi dove stabilirsi.

Void Lich aveva un'ambientazione molto più gotica e cruda, parte della quale è stata incorporata nello stile di Arcs.

Dopo qualche mese, però, il progetto aveva iniziato a ristagnare. Questo aspetto è una parte assolutamente normale di qualunque processo creativo. I tradizionali giochi 4x sono davvero ardui da progettare e non era chiaro se ci fosse una direzione univoca da seguire. Descrivere in poche parole i motivi per cui è successo è complicato e lascerò a Patrick il compito di parlarne in modo esteso se deciderà di riprendere in mano il progetto in futuro. La mia sensazione, però, è stata di una forte discrepanza fra lo scopo del gioco (vasto e pieno di regole) e l'idea di realizzare qualcosa che sia rapido da giocare.

Un giorno ho preso Patrick da parte e abbiamo parlato del gioco. Gli ho fatto una proposta. Per il mese successivo o qualcosa del genere, gli avrei permesso di prendere la guida dell'espansione di Root in uscita se mi avesse lasciato lavorare su Void Lich. Niente era definitivo e potevano esserci una quantità di risultati differenti. Sapevo che Patrick avrebbe potuto finire col progettare l'intera espansione di Root. Era anche possibile che avremmo diviso il lavoro sulla nuova fazione di Root o l'avremmo trasformato in un più grande progetto dello studio. Questo è ciò che è accaduto alla fine a Root: Marauder. Io mi sono occupato dell'ideazione dei mercenari e degli aggiornamenti delle meccaniche per quanto riguarda le impostazioni avanzate e Patrick ha realizzato le nuove fazioni, con il contributo di Josh e Nick rispettivamente per le fazioni aggiuntive e la progettazione dei mercenari.

Per quanto riguarda Void Lich, esistevano probabilmente un gran numero di possibilità. Ad esempio, poteva diventare una collaborazione in cui ognuno avrebbe contribuito con idee fondamentali. Tuttavia mi rendo conto di poter essere, in ambito creativo, un compagno piuttosto intraprendente e quindi ero consapevole del fatto che probabilmente avrei preferito ricominciare a progettare il gioco più o meno da zero. Nel caso in cui Patrick avesse desiderato utilizzare le impostazioni per il suo progetto, avrei preso la mia idea e l'avrei riformulata su un nuovo tema. Era anche possibile che a Patrick potesse piacere il mio progetto a tal punto da voler immaginare di adattare elementi della sua ambientazione e della sua narrativa ad una delle espansioni del gioco – in sostanza, facendo di Void Lich un'espansione del gioco che stavo realizzando.

E ovviamente era possibile che nulla di tutto questo andasse in porto. Era possibile che entrambi ci saremmo sentiti frustrati dai cambiamenti e avremmo deciso di tornare al piano originale. Fortunatamente il programma ci aveva concesso un po' di tempo extra, quindi non sarebbe stata una gran perdita.

Patrick ha acconsentito e mi sono messo a lavoro.

Il mio istinto principale era quello di iniziare un nuovo progetto da zero. C'erano un paio di motivi per cui pensavo che fosse una buona idea. Prima di tutto, volevo assicurarmi che non avrei interferito con l'impronta progettuale di Patrick nel caso in cui avesse voluto tenersi l'idea da parte per un secondo tempo. La seconda ragione era che non volevo creare un gioco 4x tradizionale e non mi sembrava corretto cannibalizzare una base estremamente adatta ad un 4x allo scopo di creare qualcosa di totalmente diverso. L'ultimo (ma più importante) motivo era che, dopo il mio lavoro su Oath, pensavo di avere un nuovo modo di affrontare il problema della realizzazone di un gioco snello, ma che potesse comunque raccontare storie avvincenti.

Credo che il maggiore problema per cui spesso i giochi non riescono a raccontare storie avvincenti abbia a che fare con le loro influenze. Tutti i giochi cercano di catturare una particolare sensazione e spesso, nel mondo dei grandi giochi di strategia, questa sensazione ha radici nell'esperienza acquisita coi videogiochi. Non è difficile trovare tracce di Sid Meier's Civilization (celeberrimo gioco al pc, ndr) in (quasi) tutti i giochi da tavolo che tentino di affrontare l'argomento. O, nel caso in cui questo aspetto sia assente, si ritrova l'influenza di qualsiasi altro famoso gioco di strategia che abbia catturato la nostra attenzione. Nonostante io creda che tutti i progettisti debbano fare le dovute valutazioni e tenere d'occhio gli altri giochi che potrebbero pesare sulla loro idea, accettare una particolare convenzione come una verità fondamentale può diventare invitante. E inoltre, i giochi dovrebbero essere solo uno degli elementi della dieta a base di suggestioni di un creativo. Semplicemente, nulla può sostituire una lista di letture variegata e interdisciplinare e il trascorrere un sacco di tempo osservando qualsiasi evento, piccolo o grande che sia.

Questa pila di libri non è per nulla esauriente, per esempio non sono riuscito a trovare la mia copia di Hyperion!

Chiaramente anche io ho giocato, ma ho cercato di trovare giochi che catturassero il genere di storie che non si trova nei giochi 4x tradizionali. Quindi, anziché giocare a Master of Orion, ho trascorso un sacco di tempo su Heaven's Vault. Ho anche passato una buona quantità di tempo su Faster than Light e giocando al recente reboot di Battletech. Inoltre, ho riletto Book of the Long Sun di Gene Wolf, qualche racconto di Ursula K. Le Guin e i Canti di Hyperion, oltre che parecchia altra roba.

Mentre navigavo fra questi giochi e questi libri, ero colpito dalla dissonanza strutturale fra gli scritti di fantascienza che mi piacevano di più e i miei giochi da tavolo preferiti. Nulla di ciò che accade in The Dispossessed sarebbe mai potuto accadere in Twilight Imperium. Le strategie usate nei libri di Wolfe per la creazione di mondi inquietanti sono tanto aliene ai giochi da tavolo quanto lo sono i personaggi goffi di Cosmic Encounter.

Credo che siano state due ragioni fondamentali a causare questo fallimento. Prima di tutto, i giochi di fantascienza che mi piacciono non possono avere un focus narrativo più profondo perché hanno anche interesse a creare uno spazio d'interazione sufficientemente “fluido”. Faccio un esempio. Se posso costruire un esercito per attaccarti, anche tu devi essere in grado di costruire un esercito per difenderti. Uno schema asimmetrico è ovviamente un modo per risolvere questo problema, ma è dispendioso sia per il numero di regole che i giocatori devono imparare, sia per i limiti che pone alle opzioni strategiche e alle risposte del giocatore. Se tutto ciò che fornisci al giocatore è un esercito, tutto inizia a sembrare una battaglia (credo che questo sia uno dei difetti di progettazione di Oath).

Un gioco che si focalizzasse sulla profondità della narrazione come piace a me sarebbe risultato anche, fondamentalmente, non-interattivo. Perchè un giocatore che sta cercando di salvare l'ecosistema di un pianeta dovrebbe interessarsi a un diplomatico che sta cercando di negoziare un complesso trattato? Se avessi desiderato uno spazio narrativo abbastanza ampio da abbracciare questo genere di racconti, forse sarebbe stato meglio che non avessi realizzato nessun gioco. Mi serviva un'idea che fornisse il necessario tessuto connettivo senza essere percepita come arbitraria. 

Il secondo problema aveva a che fare col flusso ed il cambiamento. I miei racconti di fantascienza preferiti spesso contengono punti di svolta – momenti in cui un genere di storia si trasforma in un altro. I giochi non sono per niente adatti a questo genere di svolte a causa di una caratteristica che si chiama game loop. Il termine si usa nella programmazione dei videogiochi, ma funziona bene anche a livello metaforico nei giochi da tavolo. Uso il termine per definire il loop d'azione fondamentale di un gioco e la sua sequenzialità. Generalmente, si cerca di progettare loop che siano semplici e vadano rapidamente a fondersi con l'ambientazione. Questo permette ai giocatori di entrare in un flusso grazie a cui comprendono le meccaniche e iniziano a concentrarsi sulla trama e sulle proprie strategie anziché su come evitare di far confusione col regolamento.

Nel momento in cui il gioco inizia a scorrere nel modo giusto, in genere si preferisce non introdurre una serie di nuove regole e obiettivi. Quando ciò accade, l'esperienza immersiva di un giocatore può venire meno, perché questi è costretto a smettere di pensare a cosa sta facendo per andare a decifrare il manuale. Sebbene io ami il Gioco di Carte Arkham Horror credo che, a causa di com'è progettato, il gioco cada in questo tranello piuttosto di frequente, soprattutto la prima volta in cui si gioca uno scenario complesso. Anche giochi più semplici come Betrayal at House on the Hill presentano lo stesso problema.

La questione può anche presentarsi in maniera meno evidente. Ad esempio, in una partita a Magic una carta nuova e complessa spesso costituirà una situazione di stallo per un nuovo giocatore e, sebbene abbiamo cercato di mantenere le carte di Oath piuttosto semplici, uno dei maggiori scogli nel gioco si trova nel compiere l'azione Cercare, quando il giocatore si trova di fronte carte che non ha mai visto prima.

Per questo motivo, nei giochi si tende a non voler sconvolgere troppo le cose. Questo permette al game loop di rimanere solido e scorrere uniformemente. Tuttavia, il prezzo da pagare è salato ma spesso nascosto: un gioco che abbia come priorità quella di essere per il giocatore un'esperienza bilanciata deve evitare strutture narrative più rischiose – e spesso più interessanti. Questo problema sembrava qualcosa che meritasse una più attenta analisi.

Dunque, queste sono le due sfide gemelle che mi sono trovato davanti. Mi serviva un design di base che permettesse l'interazione senza sacrificare le necessità narrative individuali di ciascun personaggio e mi serviva il modo di raccontare storie che potessero rapidamente cambiare corso. La prossima settimana inizieremo a parlare della prima sfida e scriverò di come funziona il meccanismo di base di Arcs e di come far collaborare i giocatori fra loro, indipendentemente dalla reciproca distanza.

Parte 3 - È la strategia che conta

Al contrario di Root, Arcs non è un gioco intrinsecamente asimmetrico. Non si tratta di un “Root 2” e lo scopo non è quello di riallacciarsi allo stesso ambiente narrativo anche se, come vedremo in seguito, ne condivide alcune regole. Comunque, sotto un aspetto fondamentale, Arcs risolve un problema fondamentale di Root.

Non sto dicendo che Root non funzioni. Dico invece che il progetto è costruito in modo tale da porre limiti molto stringenti al tipo di conflitti che può rappresentare. Questi limiti sono determinati dal tabellone di gioco e dalle regole che governano le diverse classi deli pezzi. Alla fine, tutto nel gioco si traduce in pedine che vengono piazzate, mosse e spostate su un tabellone condiviso. Questo significa che quando pensiamo al controllo e al potere delle fazioni alla fine dobbiamo per forza domandarci come il giocatore possa influenzare la mappa. Questo è il motivo per cui ho definito il modello di creazione dello scenario in Root il sistema “reach” (di estensione): perché, alla fine, l'“estensione” collettiva delle fazioni scelte sulla mappa definisce una maggior dinamicità dello scenario. 

Ora, Root tratta della violenza che si nasconde nelle favole, nei racconti educativi che hanno animali come protagonisti e nei cartoni del sabato mattina. Questo significa che i limiti del gioco non sono difetti debilitanti. Il gioco funziona benissimo finché vuole raccontare storie di rivolta, controllo e guerra; ma nel momento in cui si prova ad ampliare la narrazione, le cose si mettono male. Per fortuna l'universo del gioco ha un meraviglioso gioco di ruolo per questo genere di storie! 

Non volevo che Arcs cadesse in questa trappola. Volevo che il gioco avesse possibilità narrative molto più ampie del suo predecessore. Sebbene volessi includere anche in questo caso un sacco di combattimenti, mi piaceva l'idea che un giocatore potesse andare in cerca di reperti e un altro allo stesso tempo potesse provare a sfondare una barricata. Quindi, ho deciso di lanciare a me stesso una piccola sfida progettuale. Ho immaginato che un giocatore stia giocando in una speciale modalità in solitaria. Il suo scopo é quello di trovare un particolare oggetto e attivarlo. Un altro giocatore deve sedare una rivolta guidata da alcuni separatisti. Questi due giocatori non sono nè amici nè avversari. C'è la possibilità che i due possano avere un'interazione significativa fra loro? Ha senso raccontare queste due storie separate nella stessa partita?

La mia mente è volata subito agli eurogame degli anni '90 e dei primi anni 2000. Credo che una delle maggori innovazioni progettistiche di questa scuola fosse l'idea di una struttura ad azione condivisa. Sebbene avessero la fama di essere “solitari multigiocatore”, i giochi di questo periodo erano tutto tranne quello. Pensate a El Grande, dove la linea d'azione si concentra sulla drammaticità del gioco e al contempo permette ai giocatori di assumere ruoli estremamente diversi. In effetti, credo che questa sia una delle distinzioni chiave fra questo genere di giochi e i loro predecessori. Di solito i giochi di guerra o con radici più tradizionali avevano una struttura d'azione molto permissiva: se avevi i pezzi, potevi compiere la mossa. Nei giochi che hanno invaso il mercato a partire dai tardi anni '90, questo aspetto non era sempre ovvio. Se volevi compiere un'azione specifica, dovevi combattere per riuscirci. 
Negli anni, le sfide da superare in questi giochi per poter compiere le azioni si sono fatte più elaborate e credo che a un certo punto il sistema sia andato un po' fuori controllo. La grande maggioranza dell'interazione e della complessità si trovava nella struttura delle azioni e poca attenzione era data agli altri apparati di gioco – inclusi quelli che conferivano significato e identità alle parti che contenevano la trama e le tematiche principali. Questo aspetto spingeva i giocatori a considerare l'idea di fondo del gioco come un pretesto.

Questi primi eurogame sembravano il modo giusto di affrontare il problema, almeno finchè fossi riuscito a non rendere la mia strategia d'azione troppo complicata. Non avrebbe nemmeno voluto dire sacrificare il rigore tematico del gioco. Sebbene si tenda a pensare che gli eurogame siano troppo astratti per raccontare store memorabili, io invece credo che abbiano un grande potere narrativo. Quando ho cercato di pensare ad alcuni dei giochi più avvincenti e immersivi che io abbia affrontato, mi sono scoperto a ricordare giochi come Taj Mahal o Condottiere. Anche se i giochi potevano essere, presi singolarmente, meno memorabili rispetto a una lunga giornata passata a giocare Twilight Imperium o Diplomacy, restavano comunque avvincenti nel complesso. E, soprattutto, credo che riflettessero un particolare senso di tensione che sembrava fondamentale per il gioco che volevo creare.

Sia Condottiere che Taj Mahal sono essenzialmente giochi basati su aste e sembravano particolarmente adatti a risolvere il problema di progettazione che mi ero posto. In pratica, questi eurogame concentravano l'impegno del giocatore sul prezzo del compiere un'azione. L'influsso di questi costi è particolarmente evidente: anziché costruire una vasta armata, farla avanzare attraverso il tabellone e solo alla fine renderti conto se ti eri portato abbastanza unità da conquistare il tuo obiettivo, i giocatori in questo modo lo scoprono immediatamente usando un metodo in qualche modo più astratto, come le offerte con le carte in Condottiere.

Può darsi che l'astrazione che questi giochi usano limiti il loro potenziale narrativo, ma li rende anche più adatti a fungere da metafore, perché può essere facilmente applicata ad un vasto numero di casistiche. In sostanza, ciò non significa che le tematiche di questi giochi diventino arbitrarie; significa invece che il meccanismo d'azione principale può creare tensioni interessanti che si ripercuotono su un'ampia varietà di contesti. In Taj Mahal, la contesa potrebbe riguardare una campagna militare, un intrigo di corte o un dibattito teologico! 

Se volevo che Arcs avesse una narrazione più ampia di Root o Oath, mi serviva un meccanismo d'azione che potese adattarsi alle richieste della trama – cioè, mi serviva un meccanismo di azione che si prestasse alla metafora. Non ci è voluto molto perché trovassi ciò che mi serviva. Grazie al mio background di insegnante e ricercatore in letteratura inglese, conoscevo dozzine di casi in cui giochi di presa erano carichi di significati sia letterali che metaforici. Non che questo sia sorprendente. I giochi di presa erano comuni nel diciottesimo e nel diciannovesimo secolo, ma non era solo la loro ubiquità a renderli così utili per gli scrittori del tempo. Anche gli elementi fondamentali della loro struttura erano importanti.

I giochi di presa sono, come molti altri, delle aste. Tuttavia, sono un tipo di asta molto partticolare. Per esempio, hanno un orizzonte strategico estremamente vasto. I giocatori devono superare un gran numero di prese / aste con una mano decrescente (a volte di 10 carte o più!) e il valore di una mano varia moltissimo in base a come il giocatore è in grado di controllare il ritmo di gioco prendendo il controllo e come le carte vincenti vengono usate nel gioco. Questi due elementi si uniscono per creare un misto di strategia, creatività e casualità.
Acquerello raffigurante un gruppo di uomini che giocano a carte; dipinto di Mary Ellen Best .
L'intellettuale che è in me vuole davvero tanto trascinarvi in un rapido viaggio attraverso la storia dei giochi di presa nella poesia e la prosa dal 1712 al 1872, ma per adesso mi tratterrò. Torniamo ad Arcs.

Allo scopo di creare una struttura in stile gioco di presa per Arcs, ho iniziato creando un semplice modello teorico. Per fare ciò, ho deciso di impormi un “ingorgo di gioco.” Mi sono dato 72 ore di tempo per trovare una strategia d'azione funzionante. Ho fatto ciò perché, soprattutto nel corso degli ultimi mesi, Oath aveva richiesto un enorme ciclo iterativo. Il ciclo iterativo è il processo che permette di teorizzare, costruire, testare e adattare le idee alla base di un progetto. Generalmente, nei primi stadi di un processo creativo, si cerca un ciclo iterativo che sia il più rapido e ridotto possibile. Però, via via che un progetto prende forma, sarà necessario assicurarsi di non rovinare qualcosa e di conseguenza il ciclo iterativo diventa più lungo e più attento. Francamente io mi ero stancato di essere così attento e desideravo mettermi in una situazione che richiedesse di lavorare rapidamente.

Fino a quel punto, avevo mantenuto le cose il più semplici possibile. Non avevo ideato il combattimento, gli spostamenti o una mappa. Non mi interessavano gli alberi tecnologici o le gli effetti delle carte speciali. No, io cercavo una cosa sola: la struttura dell'azione. Così, ho preso una copia di Sticheln dalla mensola e ho messo insieme una versione irriverente di Root con protagoniste quattro fazioni vagamente simmetriche di creaure simili a gatti. Ho pensato che il nucleo delle meccaniche di Root funzionasse abbastanza bene da permettermi di tentare una radicale revisione nell'economia dell'azione di gioco senza preoccuparmi del fatto che le regole sui movimenti fossero troppo permissive. Quindi, anziché usare la consueta sequenza di gioco Marquise, ho servito a ogni giocatore una mano di carte e ho spiegato loro un semplice metodo di presa in cui avrebbero dovuto manipolare le carte giocate e le carte vincenti per muovere, combattere e costruire. 

Il mazzo era studiato in base alle azioni richieste dal gioco (le carte rosse erano le carte battaglia, le blu erano le carte movimento e così via). Giocarle con loro scopo permetteva di compiere l'azione, giocarle al di fuori di esso permetteva di combattere per il controllo dell'iniziativa. Con mia grande sorpresa, il metodo base ha funzionato quasi immediatamente, ma c'erano un altro paio di problemi evidenti che richiedevano una soluzione.

Il problema principale consisteva nell'atto di pescare le carte. Originariamente, avevo pensato a un mercato delle carte da cui i giocatori potevano pescare a seconda della giocata appena compiuta. In teoria questo metodo mi piaceva molto, perché significava che ogni giocata era multidimensionale; ovvero, si stava combattendo per l'iniziativa, per l'azione in sé e per la propria abilità di creare una strategia per il turno successivo. Nella pratica, era un disastro. I partecipanti non potevano limitarsi a giocare una mano, ma dovevano in sostanza giocare due round di azione per ciascuno: il primo per azionare l'effetto delle carte e il secondo per pescare le carte in vista del secondo turno.

E sebbene questo sistema desse ai giocatori la possibilità di costruire una valida strategia, richiedeva comunque troppe cose a cui pensare. Giocare una mano era abbastanza complicato senza provare a pescarne un'altra! Pian piano ho iniziato a pensare che l'idea di trasformare un gioco di pesca in un gioco di presa fosse un'impresa folle. Era frustrante a livello strategico e rovinava la fluidità della partita. (Nota: per fare un controesempio, date un'occhiata a Brian Boru di Peer Sylvester, che è un gioco di presa in cui è possibile pescare. Anche se il gioco mi piace abbastanza, non sono certo che l'azione di pescare costituisca un valore aggiunto.)

A questo punto ho deciso di fare un passo indietro. Quando esattamente mi è venuta l'idea che pescare fosse assolutamente necessario? Dopo qualche riflessione, mi sono reso conto che volevo la possibilità di pescare perché le mani non erano abbastanza flessibili. Se ti capitava una mano di carte battaglia, non potevi fare granché a parte combattere. Quindi, ho deciso di analizzare il mazzo e dare alle carte qualche azione in più. Queste azioni spesso consistevano in strategie differenti – quindi alcune carte battaglia avrebbero potuto contenere anche azioni movimento o riparazione. Questo mi ha permesso di eliminare interamente il sistema della pescata e dare ai giocatori mani casuali. 

Questo cambiamento è ciò che più di ogni altra cosa ha dato al gioco una svolta. Sebbene l'idea della pescata fosse interessante, ingannava i giocatori illudendoli di star compiendo importanti decisioni strategiche. La discussione su come giocare una specifica mano  ha offerto un sacco di spazio al gioco creativo. A questo punto, l'impostazione del gioco era stabile al punto che ho potuto dedicarmi all'ideazione del tabellone, dei combattimenti e delle altre meccaniche di gioco. I mesi sono trascorsi sulla base di questa struttura.

A mano a mano che continuavo a lavorare ad altre componenti del progetto, rivisitavo la meccanica d'azione per riequilibrarla leggermente. Tuttavia, mi sono accorto che giocare carte azione acquisiva via via una tensione sempre inferiore. Questo stava succedendo perché erano troppo bilanciate fra loro. Ogni carta era valida come qualsiasi altra, quindi era diventato difficile premiare i giocatori con una buona strategia o dar loro spazio per sorprendermi con qualche lampo di genio. Quindi, dopo mesi di esperimenti, ho deciso di effettuare l'ennesima revisione al sistema d'azione.

Adesso, lo scopo era quello di rendere le singole mani o turni più incisivi. Per fare ciò, ho riscoperto una regola che era stata inserita quasi al principio. Nel progetto, ogni carta giocata con uno scopo diverso da quello originale era valida per iniziativa, con la carta più alta alla guida. Questo significava che, per ogni turno, i giocatori dovevano scegliere se fare una puntata per ottenere il comando o compiere l'azione. Come vi potete immaginare, mantenere l'iniziativa per più di una mano o due era estremamente complicato. Quindi avevo rinunciato a questa regola a favore di un sistema di presa più convenzionale, dove la carta più alta fra quelle adatte alla missione avrebbe ottenuto l'iniziativa. Immediatamente, le giocate erano diventate più strategiche e violente. Se giocavi la carta sbagliata un altro giocatore poteva facilmente acquistare il controllo del turno. Questa era esattamente la mia intenzione, ma forse avevo applicato una correzione di troppo. C'era bisogno di offrire ai giocatori un po' più di flessibilità.

Il primo passo era restituire equilibrio al mazzo azione in modo tale che le carte con valore inferiore contenessero molte più azioni di quelle con valore alto.

Giocando una carta mobilitazione di livello alto, si ottenevano meno azioni ma si guadagnava il comando. Però, giocando una carta mobilitazione di livello basso, si sarebbe ottenuto quasi il doppio delle azioni! Questo costringeva i giocatori alla guida a prendere in considerazione l'importanza dell'avere il controllo e a “riscuotere” più frequentemente la gestione del ritmo per ottenere più azioni.

Tuttavia, alcuni giocatori si sarebbero trovati ad avere carte di livello più basso – con un sacco di potenziale a livello di azione ma controllo del ritmo di gioco limitato o assente. Per dare una mano a quei giocatori, ho introdotto una soluzione che permetteva a qualsiasi giocatore di sacrificare una carta extra per ottenere l'iniziativa, indipendentemente da quali carte fossero giocate durante il turno. Questo potrebbe far sembrare che ottenere l'iniziativa sia troppo facile, ma perdere un round d'azione (riducendo la quantità di carte nella propria mano) è un prezzo davvero salato. Spesso, infatti, i giocatori si servono di questa possibilità soltanto una, massimo due volte per partita.

Inoltre, ho rivisitato la flessibilità dell'azione e ho deciso che, se fossi stato più rigido sui costi e i benefici del controllare il ritmo di gioco, avrei dovuto offrire ai giocatori che avessero perso durante quel turno un premio di consolazione. Questo è possibile permettendo a tali giocatori di copiare una versione idebolita della carta azione principale giocando la loro carta a faccia in giù. Non saranno in grado di competere per l'iniziativa, ma avranno comunque modo di compiere un'azione che potrebbe essere fondamentale per la loro strategia.

Questo significa che se si ha una mano priva di azioni Combattimento, di solito si può combattere lo stesso un paio di volte durante quel turno – semplicemente, non si può scegliere quando si combatte. Queste carte a faccia in giù avevano anche un simpatico effetto collaterale. Via via che la mano andava riducendosi, le informazioni fornite ai giocatori diventavano sempre più imprecise. Questo aspetto permetteva di creare conclusioni davvero interessanti e teatrali ad ogni mano, via via che i giocatori si tendevano trappole fra di loro.

Il tocco finale è stato aggiungere nel progetto, seppur limitatamente, la pesca delle carte. I giocatori che iniziavano il turno per ultimi avevano un chiaro svantaggio, che di solito si trascinava durante il gioco. Per ovviare al problema, questi giocatori potevano pescare un paio di carte extra per ogni turno e poi scartare fino a tornare ad avere il numero richiesto di carte in mano. Questo metodo era molto meno invasivo rispetto al dover pescare da zero un'intera mano e poteva avvenire molto rapidamente.

Bene, ora mi accorgo che tutte queste modifiche potrebbero far sembrare la meccanica di gioco un po' ingarbugliata. Quindi, ecco in breve come funziona tutto quanto:

 

Nel corso di ciascuna mano, i partecipanti giocheranno tutte le proprie mani in vari turni finché tutti avranno finito le carte. All'inizio della mano, i giocatori che agiscono per ultimi otterranno un paio di pescate extra e poi scarteranno fino a tornare al numero di carte consentito (6 con 3 giocatori, 5 con 4 giocatori).

Il giocatore che ha in mano l'iniziativa gioca la carta guida e mette in atto tutte le azioni di quella carta. Le carte possono offrire una varietà di azioni a seconda del tipo e i giocatori hanno diritto a compierne tante quante sono le icone presenti sulla carta. Quindi, una carta Aggressione può essere usata per muovere o per combattere. Se si si tratta di una carta con 3 icone, può essere usata per qualsiasi combinazione di queste azioni

Poi, in senso orario, ogni partecipante giocherà una carta e effettuerà le azioni. Diversamente dai tradizionali giochi di presa, non si è obbligati a giocare una carta in particolare. Le carte possono essere giocate in vario modo. Se hai una carta dello stesso tipo di quella alla guida, ma di valore più alto, puoi giocarla a faccia in su ed effettuare tutte le sue azioni (questa modalità si chiama “a seguire”, ma ha un'accezione un po' diversa da quella che si trova nei normali giochi di presa). Se hai una carta di tipo diverso, puoi giocarla a faccia in su e compiere una sola delle sue azioni (questa modalità si chiama “svolta”). Altrimenti, puoi giocare qualsiasi carta a faccia in giù per mimare una sola azione della carta guida (questa modalità è chiamata “copia”.)

Chiunque giochi una carta successiva alla prima può giocare un'ulteriore carta per appropriarsi dell'iniziativa (chi prima arriva meglio alloggia!) Altrimenti, l'iniziativa passerà al giocatore con la carta più alta fra quelle dello stesso tipo della carta guida. A questo punto, si passa alla mano successiva.

Questa meccanica offre ai giocatori sia un contesto di azione molto solido sia un sacco di spazio per il destino, le strategie che si estendono attraverso più turni e il gioco creativo. L'idea di un giocatore di mettere insieme una nuova flotta può essere interrotta da un'incursione a sorpresa. Vale la pena tentare di creare la flotta o è meglio evitare il combattimento? I giocatori devono costantemente soppesare i propri piani strategici e le nuove opportunità tattiche. 

Queste tensioni erano una prospettiva eccitante per me, in quanto progettista. Tuttavia, sapevo che qualsiasi metodo d'azione che offrisse svolte eccitanti avrebbe potuto rivelarsi anche abbastanza spiazzante! Una mano ben giocata poteva offrire al giocatore un sacco di azioni extra oppure far sì che, facilmente, la sua intera strategia collassasse. Questa caratteristica avrebbe prodotto seri ostacoli in termini di scorrimento del gioco e di strategia narrativa. Inizieremo da qui la prossima settimana. 

Parte 4 - Due Tipi di Tempo in Arcs

La scorsa settimana ho parlato del metodo d'azione di Arcs e di come esso adotti le convenzioni dei giochi di presa. Anche se questo produceva un'emozionante tensione nelle decisioni, generava anche dei particolari problemi di tempo sia nelle meccaniche di gioco che nelle sue tematiche in senso più ampio. Confrontandomi con queste problematiche, ho dovuto riflettere su come i giochi gestissero il tempo sia in termini di quantità sia dal punto di vista estetico. Facendo una cernita fra i vari ostacoli sono giunto a una serie di correzioni, che però non si applicano a una parte sola del gioco. Per questo motivo, anche se il diario del progettista contiene un sacco di riflessioni, non si concentra troppo sulle specifiche relative alla giocabilità. Se siete interessati a questo genere di dettagli, ne parleremo la prossima settimana quando racconterò di come il gioco gestisce l'evoluzione della situazione del giocatore e la tecnologia

Parlando di questo tema, userò il termine “andamento temporale” un sacco di volte. Prima di tutto, mi scuso per questo. È una brutta espressione con troppe sillabe. Quando la uso, mi riferisco nello specifico a come qualcosa (ad esempio un gioco da tavolo) usi il tempo e sia usato da esso. Si tratta di un termine particolarmente utle, perché cattura come gli spazi sociali (ad esempio i giochi) possano organizzare e regolamentare il tempo. In questo modo, è utile anche il fatto che si tratti di un'espressione bizzarra. Ci ricorda come qualsiasi modo di misurare il tempo sia intrinsecamente artificioso e quanto la schematizzazione influisca sulla percezione.

Okay, fine dei disclaimer. Entriamo nel vivo della questione.

Il Primo Andamento Temporale di Arcs

Il metodo d'azione che ho creato in Arcs è uno dei miei progetti che preferisco. È ridotto, interessante ed espressivo. È del tipo che può venirti in mente anche mentre non stai giocando. Spesso sento giocatori fare “ehm”, esitare e mugugnare quando inizialmente vengono loro servite le carte. Ogni mano sembra orribile (e molte lo sono!), poi qualcosa scatta nella loro mente e iniziano a pianificare. Guardare la gente trarre il meglio da una brutta situazione mi riempie di soddisfazione e Arcs si basa appunto sul trarre il meglio dalle brutte situazioni.

Tuttavia, questo metodo d'azione creava grossi problemi all'equilibrio generale del gioco e, per estensione, alla sua strategia narrativa. Spesso quando parlo di progettazione consiglio caldamente ai creatori di evitare “barriere” che impediscano ai giocatori di compere azioni sgradevoli, trovandosi quindi fuori gioco. Se un giocatore gioca male, dovrebbe ottenere pochi punti. Tuttavia, una barriera ben posizionata può comunque avere un effetto positivo.

Per esempio, in Oath, una vittoria decisiva può portare un giocatore a ottenere qualunque oggetto su cui abbia messo gli occhi. Al contempo, la difesa probabilmente subirà solo una perdita marginale. In questo caso, è una mia scelta tenere i due esiti separati. Sto interrompendo una lite, dicendo all'attaccante “guarda, hai ottenuto abbastanza. Lascialo zoppicare via.” È una concezione piuttosto comune attualmente, ma non si trova spesso nei giochi di guerra. Se, in Paths of Glory, riesco a tagliarti le scorte nel modo giusto, tutto il tuo assetto può disintegrarsi in un paio di turni. Il progettista non si inserisce nelle dinamiche per assicurarsi che il gioco abbia una durata predefinita, anche se abbiamo iniziato solo da un'oretta quella che dovrebbe essere una sfida di tre o quattro ore.

Si tratta di una questione particolarmente importante nel caso di giochi come Arcs. In molti dei miei progetti c'è davvero poca azione. Questo significa che i giocatori di solito non hanno possibilità tali da mettere a segno un colpo di grazia o riprendersi da uno ricevuto. Simili mosse si possono fare, ma di solito sono il risultato di una lunga pianificazione e dell'attivazione di abilità speciali al momento giusto. Ma, come ho scritto la scorsa settimana, Arcs inonda il giocatore tutte le azioni di cui ha bisogno. Una mano di carte in Arcs fornisce ai giocatori dalle 5 alle 15 azioni. Se un partecipante gioca male, riceverà un'enorme quantità di danni. 

Sapevo di volere questo dinamismo. Sembrava davvero adatto al genere di storie che desideravo il gioco raccontasse e il genere di decisioni strategiche con cui volevo i giocatori si confrontassero. Tuttavia, per fare questo avrei dovuto cambiare il modo in cui il gioco gestiva il tempo.

Questo potrebbe apparire un po' illogico: cosa c'entra il tempo con un equilibrio fra le azioni dei giocatori? Beh, la scorsa settimana ho parlato un bel po' del “controllo del ritmo”. L'idea è che in Arcs un partecipante possa controllare il ritmo di gioco sfruttando bene la propria mano. Poi, può riscuotere questo vantaggio compiendo un sacco di azioni in una volta sola. Lo scandire il tempo è, in un certo senso, una risorsa che può essere spesa. Ciò genera un tipo di flusso temporale  disomogeneo, in cui i giocatori possono fondamentalmente far rallentare le lancette dell'orologio per concedersi turni più lunghi, o farle andare più veloci per ottenere turni più rapidi. È importante notare che i giocatori raramente hanno il comando di queste variazioni nel ritmo, che sono decretate dalle carte del gioco.

Ora, paragonate quanto detto a Root. Root ha un flusso temporale molto omogeneo. Immaginate che il gioco sia composto da singole battute d'azione e che il turno di ciascuna fazione sia l'“unità di misura” del tempo. Le battute saranno circa della stessa lunghezza (anche se qualcuna conterrà delle ottave e qualcuna delle minime). Questo significa che un combattimento dura tanto quanto qualsiasi altro. Gli edifici vengono costruiti. Le pedine si muovono. Le pedine vengono rimosse. Il gioco mantiene un tempo costante. Oath da ai giocatori un po' più di controllo sullo scorrere del tempo. Per continuare con la metafora musicale, si potrebbe dire che il suo caratteristico scorrere del tempo consente un'ampia varietà di arrangiamenti all'interno di ogni battuta. I giocatori possono impiegare tutte le proprie risorse in una sola azione di lunga durata o saltare qua e là compiendo azioni brevi. Però, il tempo non ha pietà per nessuna pedina in Oath. Quando hai finito le risorse, è finito il gioco. 

Oath si serve anche un particolare tipo di narrativa e di un andamento telescopico del tempo. Mentre Root ha un flusso temporale estremamente omogeneo, quello di Oath si può espandere e contrarre al bisogno. Quindi, se si sta viaggiando da un angolo all'altro del mondo, il tempo si ridurrà; ma, se si sta portando avanti una campagna complessa e ramificata, il gioco può rallentare per catturare i dettagli necessari senza costringere i partecipanti a passare attraverso dozzine di battaglie come avviene in Root. Questo aspetto ha avuto importanti conseguenze narrative, facendo sì che le varie partite del gioco sembrassero imponenti, come se anni e anni di attività fossero trascorsi fra l'una e l'altra. (NB: Chiaramente, Oath paga le conseguenze di questa strategia narrativa. Alcuni giocatori preferiranno azioni istantanee e brevi come quelle che si trovano nei progetti moderni rispetto ai turni più lunghi che caratterizzano Oath.)

A causa dell'imprevedibilità del sistema d'azione di Arcs, sapevo che c'era bisogno di sistemare l'andamento del gioco. Da un lato, le battute di base dovevano essere ancora più brevi in modo da poter catturare una più ampia varietà d'espressione. Dall'altro, mi serviva un modo per rallentare il gioco per permettere ai giocatori di interagire significativamente.

Fortunatamente, questo problema aveva una soluzione piuttosto semplice. Per superare questo ostacolo, era sufficiente far sì che l'effetto delle azioni fosse ridotto alla metà se comparato a giochi come Root. A questo scopo, mi sono servito di un paio di strumenti diversi. Prima di tutto, ho reso la mappa più grande in modo che ogni azione di Movimento permettesse di coprire una distanza inferiore rispetto a quella coperta in Root. La mappa di Root ha 12 spazi aperti, mentre la mappa della modalità più piccola e non-campagna di Arcs ha 19 sistemi (12 dei quali hanno pianeti). La mappa della modalità campagna è più o meno di un terzo più grande. Ora, se un giocatore organizzasse una flotta diretta verso di te, saresti in grado di accorgertene con un paio di mani d'anticipo. 


Ho anche fatto in modo che ogni unità del gioco dovesse subire un certo quantitativo di danni prima di essere eliminata. Nella foto qui sopra potete vedere una flotta gialla malconcia e un edificio danneggiato sulla superficie del pianeta. I danni alle flotte si segnalano sdraiandole su un fianco. E' importante notare che, al contrario di altri giochi in cui si ricevono danni, qui le unità rimarranno danneggiate finché un partecipante non giocherà l'azione Riparare. Fortunatamente le unità danneggiate si comportano come le loro avversarie sane, con l'unica eccezione che non possono sopportare nessun altro punto ferita. Questo significa che un giocatore con una flotta debole può tentare di continuare a combattere per volgere la situazione a proprio vantaggio ma, se la fortuna gli è avversa, non avrà una seconda possibilità per vendicarsi.

Persino nelle prime bozze del gioco, mi piaceva un sacco l'impronta che questi cambiamenti avevano dato allo spirito del gioco. Anche se condivide alcuni elementi meccanici con altri miei progetti, la vasta mappa e le pedine resistenti lo facevano assomigliare un sacco ad un gioco di guerra navale. Inoltre, creavano le situazioni perché avvenisse quel genere di pensiero organizzato che speravo sarebbe stato fondamentale per una buona partita. Quando mandi una flotta in missione, ti scopri a pensare se le hai fornito sufficiente energia perché possa ottenere il suo scopo. Se subisce un'inattesa sconfitta, attendi un turno per riparare le navi? Mandi rinforzi? Forse potrebbe avere senso ritirarsi e tenere in serbo la sua potenza di fuoco per un'altra volta. Per quanto mi riguardava, se la meccanica di gioco avesse incoraggiato una ritirata strategica ben ponderata (senza tanti fronzoli) mi sarebbe sembrato di avere ottenuto qualcosa che si distanziava da praticamente qualsiasi altro gioco con ambientazione spaziale.

Ero enormemente soddisfatto del risultato complessivo, ma mi sono trovato rapidamente in una situazione di stallo. Arcs sembrava una versione più lenta e più strategica di Root. Anche se il gioco aveva un andamento teso e organizzato, semplicemente non si muoveva abbastanza rapidamente da poter raccontare il genere di avventure adatto alle campagne che avevo in mente. C'era bisogno di una seconda opzione.

Il Secondo Andamento Temporale di Arcs

La maggioranza dei progetti a tema cercano di basare tutta la narrazione entro i limiti della giocabilità. Solitamente, questo aspetto è tanto valido quanto ovvio. Se mi aspetto di giocare un'avventura che tratta un particolare tipo di storie, il gioco dovrebbe essere in grado di affrontarle direttamente attraverso i suoi meccanismi principali. Tuttavia, come raccontavo prima, ciò significa che qualsiasi variazione nelle meccaniche di gioco deve essere graduale.

Ad esempio, prendete Twilight Imperium. Nel corso della partita, i giocatori vedranno le regole cambiare attraverso la ricerca di nuove tecnologie e l'emanazione di nuove leggi. Individualmente, ciascuno di questi elementi non può essere troppo invasivo perché creerebbe una grossa interruzione nell'andamento del gioco mentre i partecipanti cercano di imparare le nuove regole. Tuttavia, questo consente tantissime opzioni narrative (e strategiche). È altrettanto vero nel caso della struttura delle fazioni in Root o delle svolte procedurali in John Company. Tutti questi giochi hanno un ampia portata dinamica, ma raccontano la storia in piccole quantità.

Questo sistema è molto diverso da quello di giochi come Brass o The Downfall of Pompeii. In questi progetti sono presenti punti di svolta significativi che causano importanti inversioni di rotta. Ho sempre adorato questa caratterstica di Brass. L'Era dei Canali offre un gradevole prologo per l'Era delle Ferrovie, la quale da ai giocatori un'idea realistica del soggetto trattato e appare assolutamente strutturata se comparata con una disposizione asettica. 
La prima metà del gioco non è uguale alla seconda.

Nelle prime fasi progettuali di Arcs, sapevo di voler utilizzare alcune di queste idee così come molte delle lezioni che avevo appreso attraverso Oath. L'idea di base era semplice. Mi sono immaginato che Arcs fosse un gioco della durata di 5-7 ore suddiviso in 3 episodi di circa 2 ore ciascuno. Frammentando il gioco in questo modo, avrei ottenuto due risultati. Per prima cosa, questo sarebbe stato accessibile: non era necessario giocarlo tutto d'un fiato ed era invece possibile spezzettare la campagna in più sessioni. E, dato che la partita nel totale era piuttosto breve, non c'era troppo pericolo che qualcuno si stancasse a mezza strada.

Secondariamente, frammentare il gioco mi permetteva di esplorare concetti che normalmente avrei evitato, perché essi interrompevano il flusso di gioco. Ho immaginato quindi ogni partita come un episodio, con un periodo fumoso fra l'una e l'altra. In questo caso mi sono ispirato in particolare alla struttura narrativa dei film di Star Wars, che fa un uso meraviglioso delle interruzioni fra un episodio e l'altro per introdurre alcuni elementi narrativi senza doversi esporre con riassunti visivi nell'episodio successivo.

L'altra ispirazione per questo metodo è stata la struttura delle campagne del gioco di ruolo Runequest. Si tratta di un vecchio gioco di ruolo cartaceo di cui ho appreso l'esistenza soprattutto grazie al videogioco King of Dragon Pass. Anche per gli standard di oggi, si tratta di un'idea profondamente innovativa e moderna. Una delle cose che preferisco è come il gioco gestisce le gampagne e il tempo. Uno dei princìpi fonfamentali di Runequest è che, al contrario di Dungeons and Dragons, i personaggi interpretati non sono degli emarginati che partono all'avventura coi propri compagni. Invece, in questo caso i giocatori avranno un ventaglio di doveri nei confronti della famiglia, della religione e del clan e non potranno trascorrere tutto il proprio tempo andando in cerca del proprio obiettivo. Dunque, alcune campagne avranno luogo durante particolari periodi dell'anno dedicati al viaggio e all'esplorazione ma, dopo qualche sessione, i personaggi torneranno alla propria fattoria per prendersi cura della famiglia o di qualsiasi altra cosa debbano fare. Nel concreto, questo vuol dire che le intere campagne si estendono più che in altri giochi di ruolo e spesso richiedono molti anni o addirittura generazioni. 

In un certo senso, queste campagne di Runequest hanno una doppia estensione nel tempo. C'è il flusso temporale della sessione normale, con segrete e tranelli; lo chiameremo “tempo dell'avventura”. Poi, c'è il flusso temporale delle sessioni in cui si affronta la fine di un arco narrativo o l'inizio di un altro, dove i giocatori rimangono coinvolti in quanto successo dall'ultima volta in cui si sono trovati tutti assieme. In questo periodo, possono avviare grandi progetti come costruire una casa o metter su famiglia; lo chiameremo il “tempo del mondo”.

La maggioranza dei giochi di avventura tratta solo il “tempo dell'avventura”. Questo è il motivo per cui credo che gran parte dei giochi Open World siano soffocanti e manchino d'immaginazione. Non importa quanti scenari ci siano da esplorare in Breath of the Wild o Skyrim, quell'universo è essenzialmente un parco giochi per un giocatore avventuroso decisamente estroverso. In alcuni di questi giochi si possono persino fare cose come acquistare una casa o apportarvi migliorie, ma queste azioni richiedono poche responsablità o decisioni effettive. Vale la pena sottolineare che questo ha molto poco a che fare col valore tecnologico dei loro motori o su quanto le meccaniche di gioco siano realizzate finemente. Un parco giochi estremamente coinvolgente resta comunque un parco giochi.

In contrasto, le scelte che fai nel “tempo del mondo” hanno il loro costo. Il tempo che trascorri curando i tuoi figli è tempo che non passi seminando nella fattoria. Le decisioni che prendi potrebbero avere conseguenze gravi o leggere che richiedono anni per manifestarsi. Uno dei miei giochi preferiti con una buona progettazione di Open World e una gestione intelligente del flusso di tempo è un videogioco per computer molto vecchio chiamato The Magic Candle, che aveva una struttura estremamente semplice. Si inizia la partita con un tempo stabilito per completare il gioco e, nell'angolo in alto a destra dello shermo, era segnato quanti giorni ti rimanevano. 

Se vuoi riparare la tua armatura, ciò potrebbe significare dover aspettare di raggiungere un paesino fuori mano. Dato che il tempo è una risorsa fondamentale nel gioco, ogni decisione è permeata di decisioni cruciali e l'ambientazione generalmente semplice prende davvero vita.

Arcs non è un gioco Open World e non potrà mai competere col potere narrativo di giochi come Runequest, ma va bene così. Però, sapevo di volere che il gioco raccontasse grandi storie e volevo che esse mettessero i giocatori di fronte a difficili compromessi. I giocatori non sarebbero stati in grado di fare tutto in una o dieci campagne. A causa del dettaglio e della tensione del sistema d'azione, sapevo che il loop centrale del gioco non era abbastanza rapido da poter raccontare le storie che volevo. Ma non era necessario. Invece, ho immaginato che ciascuna partita ad Arcs fosse fondamentalmente la risoluzione di una singola porzione di storia per ciascun giocatore. Poi, a seconda di ciò che fosse successo, i giocatori avrebbero potuto dirigere la propria rotta verso un'impronta leggermente diversa nell'episodio successivo attraverso una fase speciale chiamata “Intervallo”.

Questa fase era estranea al loop centrale del gioco. Così facendo, ho potuto avvicinarmi alla situazione da un diverso punto di vantaggio e stabilire un'altra logica temporale. Quindi, ad esempio, in una partita di Arcs userai un sacco di tempo ed energia ad accumulare una risorsa chiamata Potere, che consiste in una specie di punti vittoria. Poi, durante l'Intervallo, avrai la possibilità di usare quel potere. Mi piaceva un sacco questa svolta perché finalmente mi permetteva di affrontare quella tematica di vecchia data nella progettazione di giochi: cosa cavolo rappresenta un punto vittoria? Beh, in Arcs il tuo potere viene usato per la manutenzione della tua attuale postazione sulla mappa, per le azioni bonus e per gli upgrade. I giocatori sono liberi di occupare gli spazi vuoti e prepararsi per la partita seguente.

I giocatori possono anche usare l'Intervallo per controllare la situazione delle proprie carte Destino – una specie di carte Obiettivo Principale. Le consizioni di queste carte vengono sempre giocate e possono dare uno o più risultati a seconda dell'esito del gioco. Queste carte Destino sbloccano nuovi mazzetti di carte che alterano la composizione del mazzo principale, offrono ai giocatori nuovi upgrade, cambiano le regole del gioco e, ovviamente, forniscono nuove carte Destino. Questi nuovi elementi possono avere un effetto enorme sul loop centrale del gioco, perché vi sono introdotte dall'esterno. Infatti, incoraggiamo i giocatori che hanno scelto di fare due o tre partite consecutive a prendersi una pausa, mangiare qualcosa o fare una passeggiata prima di cominciare con la parte successiva.

Indipendentemente da quanto sia lunga la pausa, non volevo che ci fosse troppa distanza narrativa fra gli episodi. In Oath, per esempio, le risorse di un giocatore, i reperti e i consiglieri vengono azzerati da una partita all'altra. Questo va bene per una storia che si sviluppa attraverso più generazioni, ma io volevo che le storie di Arcs fossero molto più concentrate. Un'intera campagna dovrebbe coprire al massimo qualche anno, non 30.

Per facilitare ciò, mi sono assicurato che il finale dei primi due episodi costituisse anche un valido punto di partenza per quelli che avrebbero seguito. Improvvisamente, la lentezza del gioco era un vantaggio. In un normale gioco a tematica spaziale, i giocatori tendono a cercare una mezza dozzina o più di tecnologie per ogni episodio, ma in Arcs guadagnare una nuova abilità era un enorme successo che poteva richiedere un terzo della partita. Una cosa simile sarebbe stata un problema in moltissimi giochi ma, sapendo di poterti portare dietro quel vantaggio nell'episodio successivo, farlo poteva valerne la pena. Inoltre, dato che la situazione del tuo personaggio era trasportata direttamente alla partita seguente, ogni dettaglio diventava importante. Se ti fossi trovato con qualche azione avanzata alla fine del gioco, avresti potuto assicurarti una valida scorta di risorse. O, magari, avresti potuto spostare le tue flotte in una posizione migliore. L'esito di un assedio iniziato in una partita poteva essere deciso nella successiva. Questo ha aiutato i giocatori a pensare al di là dello scopo primario del gioco.

Nella prossima puntata  vedremo come il gioco si trasforma nel corso della campagna. Inizieremo vedendo le situazioni generalmente simmetriche dei giocatori e la loro adattabilità a mano a mano che nuove tecnologie vengono studiate e nuovi obiettivi sono raggiunti. Poi, osserveremo un paio di nuovi schemi di regole più ampi che possono essere attivati, così capirete quanto strane queste campagne possono diventare.

Parte 5 - Diventare Asimmetrico

La scorsa settimana ho scritto di come ho cercato di dare ad Arcs lo spazio per creare grandi storie usando due diversi livelli di temporalità. Oggi, voglio analizzare come il gioco gestisca il cambiamento al livello del giocatore. Diversamente da quella della scorsa settimana, questa sarà una discussione molto meno teorica e verrà data molta più attenzione ai sistemi che esistono in Arcs.

Uno degli obiettivi iniziali dell'ideazione di Arcs era quello di avere un'asimmetria predominante, che andasse al di là di ciò che le differenze di postazione in Oath potessero fare. Volevo che i giocatori potessero iniziare a un livello più o meno paritario. Tuttavia, entro la fine della campagna, speravo che queste posizioni potessero essere diverse tanto quanto qualsiasi coppia di fazioni in Roots o di ruoli in Vast. Mi sembrava un buon modo di affrontare un problema essenziale della progettazione asimmetrica. 

Per definizione, i progetti asimmetrici prevedono posizioni estremamente diverse fra i giocatori. Questo è il loro maggior punto a favore e la loro massima debolezza. Fornisce al gioco una grande possibilità di essere giocato nuovamente e permette al progetto di esplorare interessanti relazioni fra i giocatori. Ma questa asimmetria ha un prezzo che si traduce in pagine e pagine di regole e occasionali mal di testa fulminanti.

Un modo di risolvere questo problema è dare alle fazioni una solida base di regole condivise. Questo è il modo in cui Root ha cercato di affrontare alcune delle problematiche che avevano funestato Vast. Però, ci sono molte cose che Vast o un gioco del genere possono fare di cui Root semplicemente non è in grado. In Arcs pensavo che, se i giocatori fossero partiti da posizioni simmetriche, avrei potuto lentamente spiegare loro l'asimmetria del gioco. Per ogni partita sarebbe stato aggiunto (o tolto) qualche elemento dallo strumentario dei giocatori e questo li avrebbe alla fine portati ad avere posizioni estremanente diverse.

Per far sì che questa asimmetria emergente potesse funzionare mi servivano due cose. Prima di tutto, un sistema d'azione estremamente reattivo e interattivo che permettesse ai giocatori di adattare l'equilibrio nel corso del gioco. Questo era indispensabile perché sapevo di non poter coordinare ogni singola posizione dei giocatori e ogni percorso di crescita. C'erano semplicemente troppe strade che i giocatori avrebbero potuto imboccare. Se il sistema di gioco stesso avesse potuto fornire un meccanismo di equilibrio, la condizione generale del gioco sarebbe potuta diventare molto più strana e interessante. Sarebbe stato compito dei giocatori decidere quanta attenzione dare ai reciproci vantaggi.

Ora, questo potrebbe sembrare un pretesto, ma vale la pena sottolineare come i giocatori spesso abbiano pochi strumenti per gestire gli incentivi e le interazioni nella maggioranza dei progetti. Questa limitazione spesso fa sembrare artificiali e forzati i momenti di compensazione da parte dei giocatori. Per esempio, se un giocatore è in possesso di un'azione che abbassa di 1 punto il punteggio di un altro, ogni situazione che costringa i partecipanti ad associarsi per contrastare un leader semplicemente attaccandolo con questa azione apparirà dispotica. Tuttavia, con una struttura d'azione più resistente e una cornice narrativa adatta, questi squilibri diventano invece le acque tempestose attraverso cui i giocatori devono navigare per vincere la partita. Fortunatamente, le regole dei giochi di presa di cui ho parlato prima permetteva proprio questo.

La seconda cosa che mi serviva erano una terminologia e una grammatica di base che potessi usare per descrivere tutte le possibili postazioni che i giocatori avrebbero potuto occupare. In questo caso ho deciso di usare una semplice strategia. Mentre molti giochi che parlano di civilizzazione / spazio forniranno ai giocatori una vasta scelta di pezzi (distruttori, incrociatori, eccetera), personalmente volevo che le cose rimanessero più semplici. Ho usato Root come punto di partenza e ho immaginato che tutti i giocatori avessero fondamentalmente vari tipi di pezzi. I giocatori sarebbero partiti avendo accesso a tre di questi pezzi: le navi (per combattere), gli estrattori (per ottenere le risorse) e le industrie (per creare nuove navi). 
Durante il gioco, i partecipanti hanno la possibilità di sbloccare ulteriori pezzi. Oltre alle navi, i giocatori avranno qualche unità “specializzata”. Queste unità si muovono e possono combattere come le navi ma, sebbene un giocatore abbia 14 navi nella propria scorta, può avere solo tre specialisti. Ci sono anche due tipi di costruzioni in più (la cupola e la torre). Diversamente dall'edificio di partenza, essi sono circolari e ciò stabilisce su quali posizioni della mappa possono essere sistemati. 
Volevo che le opzioni presentate al giocatore fossero abbastanza chiare e così ho immaginato che i tabelloni dei giocatori avessero sei spazi, uno per ciascun tipo di pezzo. Ottenendo una nuova carta di un tipo, si sarebbe semplicemente sostituita alla precedente. Mi piaceva come questa idea perfezionasse alcuni dei costi-opportunità del gioco e permettesse ai giocatori di distinguersi facilmente fra di loro. Inoltre, a me lasciava creare conseguenze più potenti per le carte, perché non dovevo preoccuparmi che si concentrassero tutte all'interno della stessa unità. 

Volevo anche incorporare il più ampio apparato tecnologico del gioco in questa struttura. Quindi, ho aggiunto un tipo speciale di carta tecnologia chiamata tecnologia “flessibile”, che in sostanza poteva occupare qualsiasi spazio. Le tecnologie collegate ai pezzi avevano l'icona del pezzo in alto a destra, mentre le tecnologie flessibli hanno una stellina. I giocatori possono addirittura coprire le proprie unità centrali – che significa perdere l'abilità di produrre unità di quel tipo. Ma, per la giusta tecnologia, potrebbe essere uno scambio che vale la pena di fare.

Avevo la vaga sensazione che i giocatori avrebbero ottenuto solo un paio di nuove tecnologie per partita. La mia regola generale è che i giocatori dovrebbero usarne da 0 a 2 durante il turno e da 0 a 1 durante la fase di intervallo. Un giocatore che si basa molto sulle tecnologie potrebbe anche ottenerne 4 o 5, ma probabilmente non soddisferebbe altre condizioni di vittoria. Questo potrebbe sembrare disastroso, ma si appoggia ad un fondamento della filosofia progettuale dei giochi: il giocatore decide cos'è più importante e quelle decisioni hanno peso. Se si vogliono trascorrere le prime due partite nascondendosi per costruire una combinazione di carte incredibilmente solida e poi cercare di sparare alla luna durante la partita finale, il gioco permette di assumere il ruolo di un genio del male.

Chiaramente, per poter gestire tutto ciò ho dovuto rendere abbastanza complicato studiare queste tecnologie. A quello scopo, ho ideato un sistema di commercio molto semplice. Ad ogni turno, c'erano solitamente tre carte disponibili all'acquisto. I giocatori potevano investire azioni influenza per, fondamentalmente, puntare un'offerta su quelle carte. Poi, durante la fase “Fine della Mano”, ciascuna carta sarebbe spettata al giocatore che avesse puntato la somma più alta. In caso di pareggio, la carta sarebbe stata mantenuta all'asta per la mano successiva.

Questo era solo il primo passo. Dopo, il giocatore doveva studiare la tecnologia. Si trattava del dispendioso e complicato processo di implementazione. Mentre il costo di mercato di una tecnologia era determinato dal motivo per cui questa veniva acquistata, qui i costi erano statici e si potevano trovare nella parte in alto a sinistra della carta. Quelle coi pallini richiedevano risorse (una diversa per ciascun pallino). Quelle con un punto esclamativo “!” avevano un costo speciale, descritto sulla carta. Perlopiù, questi costi aumentavano. Quindi, se si voleva studiare qualcosa come questi forti attaccanti: 

...si doveva pagare un costo che aumentava con la dimensione della propria flotta.

Questi costi permettevano di mantenedere al minimo il numero di nuove regole introdotte in ciascuna partita. Era utile, perché le tecnologie venivano studiate nel corso della partita e non volevamo interromperne lo scorrere. Di solito a queste carte veniva data appena un'occhiata quando venivano introdotte sul mercato ad ogni round fra le mani. Questo forniva una pausa in un certo senso naturale, in cui potevano essere studiate senza rovinare il ritmo della partita. Però, non tutte le carte erano messe in gioco in questo modo.

Al termine di ogni partita, i giocatori verificheranno i propri progressi in base alla carta Destino attuale. Se hanno avuto successo (o, in certi casi, se non hanno avuto successo) questa chiederà loro di prendere alcune carte. Il tipo di cambiamenti causati da esse potrebbe essere incredibile! Potrebbero includere nuovi, potenti aggiornamenti o suggerimenti che permettano ai giocatori di abbandonare la propria situazione e continuare il gioco in una modalità speciale ad una sola nave.

Ci sono un sacco di variabili. Ogni set di carte ne contiene una che funge da “copertina”, identifica il pacchetto e fornisce istruzioni come usarlo. Questa aggiunta al progetto è stata molto importante e tardiva in modo imbarazzante. Per molto tempo, ogni singola carta doveva spiegarti cosa farne e questo significava che veniva sprecato spazio utile ed ero costretto a limitarmi nelle modalità d'uso. Con la carta copertina, ero in grado di fornire precise istruzioni che potevano alterare significativamente i gruppi di carte esistenti e i metodi di gioco senza preoccuparmi di finire lo spazio sulla carta.

Le carte in ciascun pacchetto possono essere messe in gioco in molti modi diversi. A volte, esse sono aggiunte al mazzo del mercato. Quindi, se si trascorre una partita distruggendo pianeti e impedendo l'Espansione, nella prossima il mercato potrebbe essere invaso dai rifugiati. A volte, le carte erano tecnologie speciali che venivano subito studiate. Questo ci permetteva di mettere alle carte Destino dei significativi paletti in gioco. Abbiamo fatto ciò per due ragioni. Prima di tutto, volevo dare ai giocatori degli incentivi diretti che li spingessero a perseguire questi punti nella trama e aiutarli ad approfondire le loro diverse capacità a mano a mano che il gioco proseguiva. Allo stesso modo, volevo che queste tecnologie-premio servissero da promemoria dei precedenti sacrifici e li aiutassero a creare un'identità coerente. Quest'ultimo punto era particolarmente importante per il modo in cui il gioco si occupa della scelta narrativa.

Ogni mazzetto di carte nel gioco (o quasi) contiene una carta Destino che si collegherà alle altre dello stesso tipo nell'arco narrativo più ampio. E il consiglio finale su ogni carta copertina è quello di prendere in considerazione questa carta Destino assieme a uno spunto scelto a caso proveniente da una nuova trama dell'appropriata lunghezza. Con questo voglio dire solo che lo spunto che viene pescato randomicamente è preso da un mucchio diverso che dipende dalla lunghezza del gioco. I giocatori non possono seguire più linee narrative insieme: devono scegliere.

Una scelta avrà sempre senso. Si tratta di quella che è stata appena sbloccata nel tuo pacchetto di carte. Hai fallito nei panni dell'Ambizioso Bibliotecario durante il primo episodio? Beh, potresti decidere di diventare il Rancoroso Archivista nella seconda partita. Invece, la seconda scelta non ha senso. E' la carta imprevedibile, l'incontro casuale presso un attracco spaziale. Forse dovresti provare a diventare un Pirata Orbitale, o forse i tuoi studi ti hanno spinto a diventare un Mietitore di Sventura.

È importante notare che tutte le tecnologie che hai guadagnato fino ad ora rimangono perfettamente intatte. Quindi, un ex-Rappresentante Imperiale con un ottimo team di amministratori potrebbe usare la sua esperienza per gestire un'ampia rete di spionaggio. Il tempo trascorso costruendo un impero commerciale potrebbe esserti utile quando decidi di convertire le tue aziende al crimine organizzato. D'altra parte, i tuoi precedenti sforzi potrebbero non esserti utili affatto! Ma non importa. Un'incongruenza fra abilità, impegno passato e ambizioni future spesso apre la strada a notevoli (e difficili) episodi.

Questo aspetto finale è particolarmente importante ed è il motivo per cui credo che Arcs differisca nella strategia dalla grande maggioranza dei giochi da tavolo di narrazione. Mentre altri tipi di racconto sono spesso pieni di avversità, nei giochi da tavolo le difficoltà sono di frequente coordinate con attenzione. Questo ha senso, dal momento che i progettisti non sono in possesso degli stessi strumenti che hanno gli scrittori, ma significa che simili storie possono a volte apparire un po' piatte. Le sfide che si incontrano sono spesso conseguenza di un mediocre metodo di gioco o della graduale noia che si crea con il progredire in modo lineare lungo la propria curva di potenza. Non preoccuparti dei troll che ti hanno appena pestato – fra qualche livello starai benissimo! Arcs non è così. I giocatori si troveranno spesso davanti casistiche impossibili e situazioni davvero complesse. Il gioco ha vita nei momenti in cui capisci come muoverti fra questi problemi, creando una nuova soluzione in stile McGyver da una serie di brutte circostanze e una palla di spago. Quando non ci riesci (e succederà), il gioco non ti riprenderà al volo. Anzi, ti lascerà continuare la caduta, dritto in un'altra occasione casuale.

Sotto questo specifico aspetto, il gioco mi ricorda un po' Oath. Non esistono coincidenze. Sebbene siano giochi estremamente diversi, Arcs viene dalla stessa radice. Questo vale sia per il carattere del gioco che per lo stile di alcuni suoi specifici sistemi. Parleremo di uno di essi la prossima settimana, quando daremo un'occhiata al metodo di combattimento di Arcs.

Parte 6 – Incontrare il Nemico

Di solito i miei progetti tendono ad avere un sacco di sovrapposizioni tematiche, ma davvero poche sovrapposizioni meccaniche. Arcs è un po' diverso. Qui, ho volontariamente preso elementi meccanici sia da Root che da Oath. Volevo che il gioco fosse facile da spiegare e da imparare per i giocatori che avessero un po' di familiartità con quelli passati e che fosse un valido punto di patenza per coloro che conoscevano altri nostri titoli. Inoltre, non volevo portare novità in uno spazio in cui l'innovazione non era giustificata. Per esempio, Oath aveva presentato qualche interessante sfida progettuale  dal punto di vista dello spostamento e aveva richiesto delle nuove soluzioni. Tuttavia, in Arcs, era abbastanza ovvio da principio che i pezzi del gioco sarebbero coesistiti e si sarebbero spostati in modo molto simile a quelli di Root. Sembrava che il sistema di spostamento di Root avrebbe funzionato bene anche per Arcs.

Ho anche esteso questa strategia al metodo di combattimento del gioco. Tuttavia, qui sapevo che sarebbe servita anche un po' di innovazione. In generale, il mio atteggiamento verso i metodi di combattimento è che essi devono essere tolti di torno, quando possibile. Anche un sistema affascinante di scontro non è mai particolarmente interessante. Gran parte della sua importanza viene dall'interazione con gli altri sistemi del gioco. Per questo motivo, credo che il metodo di combattimento di Root sia uno dei miei migliori progetti. È ordinato e tende a togliersi di torno, richiedendo solo un paio di secondi per concludersi. I giocatori possono approssimare facilmente le probabilità e capire le scommesse e contro-scommesse che fanno quando entrano in campo.

Sapevo che mi sarebbe servito qualcosa di simile a Root in Arcs. Il sistema d'azioni principale era molto incalzante e quindi estremamente precario in termini di flusso di gioco. Qualsiasi metodo di combattimento troppo radicale avrebbe potuto rapidamente portare il gioco alla deriva. Doveva essere breve e delicato. Sfortunatamente, sapevo che il metodo di  combattimento doveva anche assomigliare più a Oath che a Root. Questo perché, mentre il metodo di combattimento in Root serve solo a generare attriti, Oath raccoglie il logoramento, la conquista degli obiettivi e gli obiettivi non-territoriali tutto in un unico sistema, il tutto interagendo con un gran numero di carte Combattimento. Arcs aveva bisogno di quel tipo di varietà espressiva, ma mi serviva un modo per ottenerla senza causare i rallentamenti che i turni più lunghi e il ritmo più lento di Oath potevano tollerare.

Il mio primo istinto è stato quello di puntare su una singola offerta alla cieca. Per questo ho preso ispirazione più dai giochi di guerra coi marcatori di tattica come Empire in Arms che da giochi come Dune. L'idea di base è che i giocatori calcolino gli aspetti fondamentali della battaglia (soldati, terreni, eccetera) e poi selezionino segretamente un marcatore di tattica. Entrambi i marcatori saranno poi mostrati e l'esito del combattimento verrà modificato dal risultato. 
 

Questi metodi hanno due grandi vantaggi. Prima di tutto, sono piuttosto rapidi o, perlomeno, potrebbero esserlo se si eliminassero un sacco dei modificatori non rilevanti. Secondo, mi sembrava che catturassero il giusto spirito del conflitto in una dimensione operativa. Con questo intendo che volevo il giocatore via dal combattimento in una sola fase. Si sarebbe pensato a una strategia, ma il reale corso degli eventi sarebbe dipeso da comandanti di grado inferiore. Forse questi comandanti avrebbero preso cattive decisioni e sarebbero finiti dritti in un'imboscata nemica. Forse si sarebbero comportati nel modo giusto nonostante i pessimi ordini ricevuti.  Questa distanza dall'azione ha aiutato a determinare la posizione del giocatore come quella di un leader che si giostra fra svariati e seri problemi e ha aiutato a mantenere la narrazione più ampia del gioco al centro dell'attenzione.

Tenendo questo a mente, ho ideato un metodo piuttosto diretto. L'aggressore avrebbe avuto un certo numero di opzioni tattiche; anche il difensore avrebbe avuto le proprie. Ogni giocatore avrebbe selezionato una di queste opzioni in segreto, poi entrambe sarebbero state rivelate e realizzate.

Ho fatto del mio meglio per mantenere le cose semplici e radicate alle richieste del progetto di gioco. Sapevo di aver bisogno che gli aggressori avessero sostanzialmente 3 opzioni: potevano tentare un pericoloso attacco frontale, potevano cercare di rubare qualcosa rischiando perdite extra nella speranza di catturare un obiettivo secondario, o potevano provare a far spostare il nemico rischiando danni ulteriori per guadagnare un vantaggio di posizione. Anche il difensore possedeva un certo numero di strategie che potevano indebolire o addirittura vanificare il piano  dell'avversario. Ad esempio, se si decideva di attaccare ma il difensore era scappato, la battaglia sarebbe stata annullata con successo.

Per dimostrarlo, ho preparato un rapido schema: 
In questo schema, i quadrati rossi erano le battaglie in corso, i “più” verdi erano i vantaggi degli aggressori e le “X” grigie erano i vantaggi dei difensori. Ora, questo schema non richiede un attento studio. C'erano un sacco di motivi per cui il mio modello di combattimento non funzionava. Chi fuggiva non avrebbe forse dovuto avere la possibilità di fallire di fronte a un attacco? L'offensiva di un aggressore non avrebbe dovuto essere più efficace nei confronti di un fuggitivo? In quasi tutti i casi la risposta era “hai ragione!” o “ forse!” Il mio desiderio di un sistema di combattimento più tematico e interessante stava correndo a capofitto contro il bisogno che gioco aveva di qualcosa di semplice e valido.

Però, continuavo a insistere con questo metodo. Sapevo di non poter inserire una tabella nel gioco, perché perdere tempo a cercare dei valori in una tabella avrebbe probabilmente fatto sì che il sistema di combattimento risultasse troppo goffo da giocare. Il mio primo istinto in realtà è stato quello di creare una serie di dischetti per il combattimento. La mia idea era che ogni giocatore avrebbe selezionato in segreto una strategia; in seguito i dischetti sarebbero stati impilati e l'icona mostrata su ciascuno di essi avrebbe descritto cosa stava succedendo. 
Qui l'aggressore ha scelto “Incursione” (il nome è coperto dal dischetto del difensore). Il difensore ha scelto “Pattuglia”. Quando si sovrappongono, appare uno scambio (un aggressore e un difensore hanno entrambi colpito) e l'aggressore prende una carta.

Questo metodo era troppo ingegnoso per poter funzionare ed era difficile realizzarne un prototipo, quindi l'ho trasformato in un set di carte. L'aggressore e il difensore avrebbero avuto ciascuno un mazzeto di carte Combattimento e ne avrebbero scelta una per ciascuno in segreto. Poi, i risultati sarebbero stati incrociati.

Abbiamo giocato per un paio di mesi usando questo metodo e ne ero per lo più soddisfatto. Tuttavia, ho scoperto che era davvero interessante solo quando i giocatori facevano errori. Nel momento in cui i giocatori avessero imparato bene il sistema sarebbe stato piuttosto facile raggirare un avversario più debole, il che avrebbe portato a significative oscillazioni nella sorte. Questo sarebbe stato davvero interessante in un gioco diverso, ma non si mescolava bene con gli altri meccanismi di questo gioco. Inoltre, richiedeva troppo tempo. A questo punto, mi sono reso conto di aver fatto un grosso errore di ragionamento. Mi ero immaginato di dare ai giocatori solo 3 scelte strategiche per ciascuno. Semplicemente, scegli la carta che si adatta a quello che desideri! Ma, siccome la carta era gestita in un gioco che ricordava carta-forbici-sasso, i giocatori dovevano in realtà riflettere su tutti e 9 i possibili risultati. Era davvero troppa roba a cui pensare.

Non mi faccio problemi a dare ai giocatori molto a cui pensare, finché questo porta a un'interessante comunicazione. Ma ho scoperto che, con buoni giocatori al comando, alcuni dei vantaggi strutturali che avevo dato all'aggressore in un certo modo andavano perduti. Per dirla senza giri di parole, i giocatori avrebbero trascorso un sacco di tempo immersi in un mini-gioco dove un buon risultato veniva dall'evitare del tutto di giocare.

Allora, ho fatto qualche passo indietro. Di cosa aveva davvero bisogno il gioco? Beh, io avevo bisogno di una meccanica rapida che permettesse all'aggressore di formulare ed eseguire un piano di battaglia. Volevo anche dare la possibilità a un difensore di stravolgere i piani dell'aggressore. Visto che questo metodo rispondeva abbastanza bene ai test, ho deciso di concentrarmi su altro e lasciare il combattimento a sobbollire ancora per un po'.

Poi, un giorno, Patrick e io stavamo giocherellando con un titolo su cui sta lavorando che per il momento si chiamava Dark (e poi è diventato Dungeon Fortress). Ci stavamo trastullando con le sue meccaniche di combattimento e il modo in cui erano gestiti i conflitti lunghi e prolissi. Lui voleva studiare un qualche tipo di meccanismo d'assedio e stavamo confrontando i diversi modi in cui si sarebbe potuto migliorare. Qualcosa in quella conversazione mi ha fatto ripensare alle basi del combattimento in Arcs. Esattamente, quali opzioni volevo dare all'aggressore?

Beh, sapevo di voler dare all'aggressore la capacità di creare combattimenti armati su larga scala, che avrebbero obbedito a una logica simile a quella di Root in termini di logoramento e fallimento delle azioni. Sapevo anche che mi serviva un metodo di saccheggio in cui i giocatori avrebbero potuto sottrarsi le risorse fra di loro.  Questo metodo sarebbe risultato particolarmente importante in un paio di trame fondamentali che volevo realizzare nella campagna. Il terzo stratagemma, Stanare (o Offensiva), non aveva mai funzionato veramente.  Per quanto volessi che il gioco si basasse sulla strategia, Arcs non era chiaramente adatto sia in termini di giocabilità che di tematiche. Credo che la sovrapposizione fra l'offendere, il saccheggiare e l'assaltare confondesse il mio modo di pensare e mi facesse perdere di vista l'evidente terzo aspetto della mia tattica ideale: l'Assedio.

Ho mmaginato le mie tre strategie come una sorta di linea temporale. Da una parte c'erano le Incursioni. Questi erano decisamente i progetti più dispendiosi e pericolosi e i giocatori venivano premiati con la possibilità di sottrarre oggetti al nemico. Gli Attacchi stavano in una via di mezzo e prevedevano grosse perdite da entrambi i lati, ma avvantaggiavano l'aggressore in un modo simile a quello che avveniva in Root. Infine c'erano gli Assedi o, in termini spazilali, i Bombardamenti. Qui l'aggressore non rischiava di danneggiare le proprie forze, ma poteva infliggere solo danni di piccola entità.

Ho tradotto queste strategie in un certo numero di risultati che potessero essere interpretati con un semplice D6. Ho immaginato che l'aggressore scegliesse la propria strategia e lanciasse poi una quantità di dadi pari alla dimensione delle proprie forze armate. Ogni nave corrispondeva a un dado. Mi piacciono i sistemi di combattimento basati su una “secchiata di dadi”, perché ti lasciano flirtare con un audace spazio probabilistico che permette di accettare il problema di risultati ridotti e diffusi fattori di rischio con sincero sollievo. Ora vi mostro cosa intendo. In John Company, i giocatori usavano le risorse per lanciare i dadi e usavano solo i migliori risultati. In una fase iniziale, vale la pena che un giocatore spenda tempo e denaro per aggiungere dadi al suo lancio, perché ogni dado migliora significativamente le possibilità di successo. Tuttavia, l'incremento si riduce ad ogni acquisto. Entro il sesto o settimo dado, tutto ciò che otterrai saranno ricompense marginali. Tuttavia, siccome c'è sempre la possibilità di un fallimento, i giocatori devono decidere la quantità di rischio che possono sopportare.

Arcs usa una logica simile. Per esempio, si dia un'occhiara al dado Incursione.

La “A” indica il successo di un aggressore, la “D” il successo di un difensore e il diamante è un'incursione riuscita. Se hai 3 navi e stai cercando di assaltare una flotta nemica, quanti dadi dovresti tirare? Con un solo dado, la tua possibilità è del 50%. Aggiuingere un secondo dado aumenterà considerevolmente le tue possibilità. Anche se il terzo dado non migliorerà di molto il tuo risultato, probabilmente vale la pena di aggiungerlo. Tuttavia, con ogni dado aumenterai il rischio di uscire dal combattimento con un labbro sanguinante, o peggio.

Con il dado Bombardare (in alto) e il dado Attaccare (in basso) abbiamo aggiunto un “falso” “A”, che funziona come la spada fasulla in Oath. Come vedi, questo dado fornisce molto più vantaggio all'aggressore!

Una volta che abbiamo provato il gioco con i dadi, mi sono reso conto che i giocatori avrebbero dovuto essere in grado di mescolare e abbinare liberamente i lanci, se idonei. Non ricordo esattamente cosa mi abbia fatto pensare a questa idea, semplicemente quando ho visto tutti i dadi colorati assieme sul tavolo mi è sembrato assolutamente logico. Aiutava i giocatori a mantenere la concentrazione e permetteva loro di osare strategie miste senza aggiungere nuove regole dall'alto. I giocatori dovevano già conoscere le regole di utilizzo di ciascun dado, potevano anche avere la possibilità di decidere esattamente come applicarle. Quindi, una piccola squadra d'attacco poteva aggiungere un dado incursione nella remota possibilità in cui avesse avuto fortuna. O magari, un dado Bombardare poteva essere mischiato a qualche Attacco strategico. Indipendentemente dalla complessità del piano di battaglia, tutto si sarebbe risolto con un unico lancio.

Bene, e allora il difensore? C'era spazio per le sue azioni? Inizialmente, abbiamo fatto qualche cambiamento per cercare di premiare le posizioni difensive più solide. Per esempio, non si può tirare nessun dado Incursione a meno che non si controlli il sistema. Questo permetteva in alcune circostanze ai giocatori di proteggere le proprie risorse e giocare con cautela. Abbiamo anche scoperto che il difensore beneficiava naturalmente del flusso e riflusso dell'azione nel metodo d'azione del gioco. Per esempio, si consideri un aggressore che conduca il turno con Attacco pari a 2.

Questa carta prevede due azioni. Dato che esse possono essere usate per muovere o per attaccare, l'aggressore può usarle per spostare una flotta e poi combattere. Tuttavia, se il difensore ha una carta Attacco di livello più alto, può immediatamente contrattaccare e probabilmente prendere l'Iniziativa! Anche se non ha accesso ha una carta Attacco più alta, può comunque usare qualsiasi altra carta per copiare l'azione avversaria ottenendo almeno un tiro di dado. Dato che qualsiasi unità poteva subire danno, le battaglie in Arcs si sviluppavano attraverso più turni d'azione. Questo significava che la questione del vantaggio era spesso sistemata da cause di tempo e forza anziché da una propensione strutturale verso l'aggressore. Una considerazione personale, da qualcuno che ha giocato a giochi di guerra per 25 anni: non posso dirvi quanto questo mi rendesse felice. Troppo spesso diamo per scontate le supposizioni che abbiamo creato nei  nostri modelli di combattimento (o, in effetti, in qualsiasi tipo di modello). E' meraviglioso vedere un metodo esprimere organicamente sia i vantaggi dell'aggressore che quelli del difensore senza dover inserire qualche regola sul pareggio (scusa, Risiko).

A questo punto, credo di aver parlato della maggior parte delle regole base presenti in Arcs. Nelle scorse settimane ho scritto delle fondamenta teoriche del gioco, dei suoi argomenti, del suo scopo e di molti meccanismi di gioco. Voglio parlare di un'ultima cosa prima del lancio del Kickstarter. Qualche settimana fa, ho annunciato che divideremo Arcs in due progetti. Un'esperienza più piccola da una singola sessione e una campagna completamente modulare ed espandibile. La prossima settimana, in occasione del nostro ultimo Diario del Progettita, vi porterò dietro le quinte e parlerò del progetto Arcs come prodotto e di come siamo giunti a questa decisione.

Parte 7 - La Divisione del Prodotto

Inizialmente, avevamo in mente di strutturare Arcs come Oath. L'idea era quella di creare probabilmente un grosso gioco in scatola, con un sacco di carte e un costo abbastanza elevato – tipo 130 dollari o anche di più. Il gioco era stato inizialmente pensato principalmente come una campagna e non volevo presentarlo al pubblico senza quella modalità. Tuttavia, negli scorsi mesi abbiamo deciso di suddividerlo fondamentalmente in due linee di prodotto. Il gioco principale probabilmente costerà un po' più di Root e consisterà nella modalità ad una sola sessione. Poi, un'espansione più grande conterrà tutti gli elementi necessari ad affrontare la modalità campagna (24 seeds campagna, suddivisi in tre tempi/lunghezze, oltre a un tabellone più spazioso e qualche pezzo extra). Entrambi saranno disponibili nel Kickstarter e saranno messi in commercio nello stesso periodo.

Per la maggior parte della gente che sta leggendo, il fatto che Arcs a volte verrà giocato soprattutto come un gioco da una sola sessione risulterà irrilevante. Ho il sospetto che vorrete il gioco nella modalità campagna. Quando vi arriverà, raccoglierete tutto in una sola scatola. Dopo averci preso la mano con un paio di partite singole, probabilmente giocherete soprattutto alla versione campagna. Se fosse state le uniche persone per cui abbiamo realizzato il gioco, probabilmente avremmo raggruppato tutto quanto. Ma una delle lezioni più dure sulla progettazione di giochi che ho dovuto imparare negli ultimi cinque anni è che è importante pensare in modo più ampio al proprio pubblico e al futuro.

Spesso dico che non siamo interessati a realizzare giochi per tutti. Invece, cherchiamo di creare giochi che possano diventare i preferiti di qualcuno. Questo significa che tendiamo a essere più interessati alla nostra sensibilità e a quella di coloro che già sono nostri fan. Tuttavia, questa filosofia è in equilibrio col desiderio di accogliere i nuovi giocatori e provare a realizzare giochi che possano sopravvivere e prosperare nel mercato dei giochi da tavolo in senso più ampio. 

Non si tratta di un interesse puramente commerciale. Chiaramente, saremmo felicissimi che il gioco avesse successo. Infatti, saprei particolarmente felice di vederlo aver successo perché mi piacerebbe molto mantenere il gioco per tanti anni. Arcs è un enorme progetto, potenzialmente più grande persino di Oath. Me lo immagino impiegare un lungo periodo di tempo per costruire appieno lo spazio di gioco con campagne extra e spero che avremo la possibilità di vedere realizzato questo più ampio progetto. Ma, più che con le vendite, il cambiamento nell'idea di Arcs come prodotto ha a che fare con la necessità e col tipo di interventi che desidero il gioco compia. Per capire cosa voglio dire, dovremo parlare di prezzi in relazione ai giochi da tavolo.

Una delle decisioni più significative che si possono prendere riguardo a un prodotto è il suo prezzo. Nei giochi da tavolo, il prezzo è principalmente dettato dalla produzione del gioco e dal costo di spedizione. Vale la pena di parlarne perché significa fondamentalmente che il prezzo non riflette mai (o quasi mai) l'aspetto creativo nella realizzazione del gioco. Come vi immaginerete questo ci infastidisce non poco, ma ci rendiamo conto di dover essere competitivi sul mericato per poter sopravvivere come Società. I voli pindarici sull'estetica con cui Drew e io ce la caviamo alla Wehrlegig funzionano principalmente perché la nostra è una piccola Società che non ha praticamente spese generali. Il progetto di Leder Games è molto diverso. Ognuno alla Leder Games ha buoni profitti, un salario competitivo e un buon controllo sul proprio lavoro. Vogliamo scoprire se sia possibile gestire una Società in modo da non sfiancare i dipendenti e offrendo uno stile di vita gradevole. Inoltre, paghiamo anche i nostri tirocinanti. Questo significa che dobbiamo progettare i nostri giochi per essere competitivi. Semplicemente, non possiamo trascorrere anni nella ricerca o realizzare prodotti molto costosi che non sopravvivono oltre la vendita.

Il modello economico base funziona così. Usiamo le nostre campagne di crowdfunding per renderci conto di quanto il pubblico sia interessato ai nostri giochi. In cambio, offriamo il miglior affare che ci sia possibile. Possiamo farlo principalmente perché otteniamo un tasso di rendimento più alto dalle copie che vendiamo direttamente che da quelle vendute ai negozi o ai distributori. 

Il tasso di rendimento sulla vendita diretta è così buono che può venire voglia di basare tutti i nostri affari sulle campagne di crowdfunding. Tuttavia, anche fare questo è rischioso. Il pubblico di un crowdfunding è molto diverso dalla più ampia cerchia dei giocatori. Invece di progettare cose che ci sembrano giuste e valide, si creano cose che si pensa renderanno felici i fan e poi si va avanti. 

Il mercato dei giochi da tavolo in senso più ampio è un'ottima cartina di tornasole per questo comportamento. I giochi che vengono giocati di solito vendono di più. Infatti, uno dei primi segnali del successo di Root è stato che la gente continuava a giocarci. Mese dopo mese, il numero di persone che giocava a Root ha continuato a salire su BGG. Le persone semplicemente non se ne stancavano. Chiaramente esistono insidie anche quando si progetta per un pubblico più ampio. È facile fallire nel progettare in modo professionale e cercare di  creare giochi inoffensivi a livello di meccaniche, spesso dando priorità all'esperienza di una prima giocata sulle lezioni più dure che un gioco può insegnare.

Come accade spesso, l'equilibrio è importante. Quando lavoravo a Oath, sapevo che lo stratagemma principale del gioco come prodotto si basava sul fatto che i giocatori avrebbero potuto disinteressarsi del fatto che il gioco fosse difficile a patto che fosse rigiocabile e abbastanza rapido da preparare. Per aiutare i nuovi giocatori a superare gli ostacoli iniziali, abbiamo incluso un tutorial persino eccessivo e messo insieme un libro di regole che li aiutava a destreggiarsi con calma nelle acque più profonde. Si trattava di grossi investimenti in termini di budget creativo del gioco, ma ne valeva la pena.

Inizialmente credevo che Arcs avesse bisogno di qualcosa di simile. Sebbene il gioco fosse considerevolmente più semplice di Oath a livello meccanico, conteneva più considerazioni tattiche e strategiche. Se Oath spesso si basava sul “perché dovrei farlo?”, Arcs si basava sul “come dovrei farlo?” In termini di contenuto, Arcs era esigente assolutamente tanto quanto Oath. C'era davvero tanta roba nella scatola e molta di essa poteva modificare radicalmente il fulcro dell'esperienza. Si tratta di un peso notevole per qualsiasi gruppo, ma pensavo che la semplicità del sistema di gioco avrebbe sostanzialmente annullato le parti più impegnative del progetto.

Comunque, a mano a mano che espandevamo i nostri test, abbiamo scoperto che non era questo il caso. Anche nelle campagne più brevi, i giocatori si sarebbero comunque ritrovati sopraffatti dal gioco. Anche se le regole erano molto più facili da interiorizzare rispetto a quelle di Oath, le considerazioni strategiche tendevano a lasciare sbalorditi i nuovi giocatori. Per evitarlo ho deciso di aggiungere una nuova modalità al gioco, in sostanza una “modalità arcade” in cui i giocatori avrebbero potuto esplorare il gioco in un ambiente a basso rischio e prenderci la mano prima di esplorare le campagne più vaste.

Dopo averla sviluppata un po', mi sono scoperto a gradire davvero questa modalità a una sola sessione. Era semplice da preparare e facile da giocare. Sebbene il gioco rimanesse ampio, era decisamente più avvicinabile e più facile da insegnare. In particolare, mi piaceva il fatto che non apparisse sbrigativo. A volte, quando riducono un gioco, i progettisti tendono a accelerare le cose. Il risultato è un progetto che assomiglia a un film guardato con l'avanti-veloce. Con Arcs, la modalità a una sola partita sembrava la “modalità torneo” di un gioco di guerra. Non aveva la portata della campagna, ma assomigliava ancora al gioco più ampio. Ed era molto più facile da insegnare! 

Questo risultato è stato ottenuto soprattutto perché le regole che ho eliminato erano alcune delle più intricate del progetto. Per esempio, il gioco completo in modalità campagna usa un sistema di allineamento modulare. I giocatori iniziano come reggenti – un ruolo simile a quello del cittadino in Oath. Condividono il controllo di alcune navi e spesso collaboreranno durante le prime mani del gioco, prima che la loro alleanza venga meno. Più avanti nel corso della campagna potranno essere sbloccati o eliminati nuovi allineamenti, dando così luogo a ogni sorta di insolito accordo.

Il sistema di allineamento è sempre stata una delle cose più complicate da spiegare ai nuovi giocatori. Se avete dubbi, vi esorto a vedere quante domande siano state postate riguardo alle regole sulla cittadinanza nei forum legati a Oath. Con un gioco più rapido, i giocatori non avevano abbastanza tempo per guadagnare qualcosa da questo sistema. Quindi, considerando la sua complessità e il suo effetto sulla narrativa complessiva del gioco, è stato facile eliminarlo.

Mi sono anche liberato delle carte Destino. Queste sono state più difficili da eliminare. Le carte Destino sono un aspetto fondamentale della campagna. Sono davvero importanti per ancorare un giocatore al mondo del gioco e per dargli delle indicazioni. Ma quelle indicazioni hanno un prezzo.  Le carte Destino sono pensate per funzionare in una struttura a più atti, dove le svolte strategiche capitano al massimo un paio di volte per partita. Se le avessi tenute, chiaramente avrei dovuto modificarle per dar loro un ritmo molto più rapido e questo sarebbe andato contro al resto degli aspetti narrativi del gioco.

Per superare questo ostacolo, ho riconsiderato il sistema di vittoria del gioco e ne ho creato uno piuttosto diretto in cui i giocatori avessero un obiettivo segreto e una sequenza di obiettivi minori che funzionavano un po' come quelli di giochi sul genere di Twilight Imperium. Dall'inizio questo metodo prevedeva sfide tattiche piuttosto interessanti, ma i playtester pensavano che togliesse al gioco molto del proprio carattere. Ogni cosa sembrava troppo tattica. Per evitarlo, abbiamo introdotto due tipi speciali di carte Obiettivo. Uno sarebbe stato rivelato all'inizio della partita e risolto alla fine e sarebbe valso un numero di punti due o tre volte superiore agli altri obiettivi. Il secondo sarebbe stato un obiettivo personale che sarebbe stato tenuto segreto finché risolto. Entrambi erano molto efficaci nell'orientare i giocatori all'interno del mondo del gioco e reintroducevano alcuni degli utili equilibri forniti dalle carte Destino.

A questo punto occorreva indietreggiare e concentrarsi sul progetto nel suo insieme. Cerco di trovare la necessità in ogni gioco su cui lavoro. Infatti, credo questo sia l'elemento centrale del mio stile di progettazione. Non progetto giochi perché penso sia divertente o interessante (sebbene spesso lo sia). Alla fine, lavoro ai giochi che ritengo necessari. Cioè, voglio sentire che un progetto abbia bisogno di esistere e che noi siamo l'unico team capace di farlo. Se un gioco non sembra necessario, o se mi sembra di non essere la persona giusta per lavorarci, allora quasi certamente lo abbandonerò.

Arcs mi è sempre apparso chiaramente come una necessità. Mentre lavoravo a Oath, mi sono reso conto che la maggioranza dei giochi da tavolo a campagne semplicemente non era studiata come un gioco a campagne. Invece, si trattava di progetti efficaci connessi ad un sistema di campagne (ad esempio Pandemic Legacy). Pensavo che se un progetto fosse stato costruito per strutturarsi come gioco a campagne da cima a fondo, avrebbe potuto raccontare storie che altri non sarebbero stati in grado di narrare. È questo lo scopo principale di Arcs. 

Ma, dopo aver visionato quei test e aver creato la modalità “arcade” di Arcs, mi sono reso conto che il gioco stava attuando anche un secondo intervento. Nei vari anni passati, i giochi sono diventati sempre più grandi. Ci troviamo al centro di un enorme processo di trasformazione dei giochi in beni di lusso ed è sempre più difficile trovare progetti validi nelle fasce di prezzo medie e medio-alte. 100 dollari sono i nuovi 60. Questo aspetto si nota particolarmente fra i giochi con ambientazione spaziale, dove progetti come Eclipse (prezzo suggerito 170 dollari?) e Twilight Imperium (prezzo suggerito 150 dollari?) hanno stabilito il sistema aureo.

Tanto per essere chiari, non c'è nulla di sbagliato in questo! Fondamentalmente, penso sia parte di una tendenza in cui le compagnie creatrici di giochi si orientano principalmente sul proprio pubblico di punta e non su un mercato più ampio. Invece di giochi fatti per sopravvivere sul mercato e competere per uno spazio al tavolo nel club di giocatori locale, ce ne sono sempre di più progettati in modo da ottenere il più denaro possibile dalla fetta di pubblico più fedele. Intere compagnie hanno creato il proprio modello commerciale sulla base di questo approccio.

Sotto un certo aspetto, è qualcosa che faccio anche io. I progetti di Drew per Wehrlegig non sarebbero possibili se non avessimo quel pubblico fedele. So bene come chiunque altro quando sia costoso acquistare ogni prodotto di Root. Tuttavia, penso che ci siano differenze importanti. Root, sia per dimensione che per scopo, è un progetto con un punto d'accesso unico e semplice e noi ci siamo imposti delle llinee guida per stabilire quanto lentamente far uscire le espansioni dei nostri giochi. E, per quanto siano costosi i miei giochi storici, Drew ed io stabiliamo prezzi competitivi perché preferiamo semplicemente guadagnare abbastanza per finanziare il nostro prossimo progetto e andare avanti. Mi piace offrire agli acquirenti un buon affare per ringraziarli di aver reso possibili i nostri piccoli sogni. (Per esempio, il prezzo suggerito normale per John Company sarebbe probabilmente superiore a 150 dollari, ma lo abbiamo venduto a 80 dollari a coloro che hanno supportato il Kickstarter).

In questo contesto, ho notato una seconda necessità nel design di Arcs. Se avessimo suddiviso il gioco in due scatole, una con solo la modalità arcade e una con la campagna completa, la prima avrebbe avuto un costo leggermente superiore a quello di Root. Il materiale per la modalità campagna sarebbe probabilmente consistito in una grossa espansione dal valore di 50 o 60 dollari.  In un mondo dove i giochi ad ambientazione spaziale con prezzo inferiore ad 80 dollari diventavano sempre più rari, Arcs poteva dare ai giocatori la possibilità di bagnarsi le punte dei piedi senza affogare. Se qualcuno fosse venuto da me durante una fiera, sarebbe stato più semplice vendergli la versione più ridotta del gioco. Cavolo, se l'acquirente avesse voluto sarebbe stato in grado di giocare quella stessa sera senza troppi problemi. Poi, se avesse voluto esplorare la modalità campagna, avremmo comunque potuto offrirgliela più avanti anche se probabilmente nessuno avrebbe desiderato iniziarla nell'ingresso di un hotel durante la convention.

A questo punto ero piuttosto soddisfatto di questa nuova strategia, ma mi sono trovato a dover affrontare un'altra sfida. Al momento, avevamo solo un paio di mesi a disposizione prima del lancio del Kickstarter. Ero fermamente intenzionato ad avere tutto il materiale per la campagna disponibile per tutti i nostri previewers e finanziatori dal giorno 1. Tuttavia, avevo trascorso un mese fondamentale costruendo un gioco da una sola sessione e non mi era rimasto molto tempo. Per dirla chiaramente, ero abbastanza sovraccarico di lavoro ed esausto. In circostanze normali, avrei chiesto che potessimo rimandare il Kickstarter di un paio di mesi così da poterci mettere in pari, ma non sembrava possibile. Semplicemente, c'erano già troppe cose troppo avanti con la lavorazione e sapevo che era necessario mantenerci in linea con il programma iniziale per quanto possibile. 

Stupidamente, ero stato un po' egoista durante lo sviluppo e la progettazione di Arcs. Sebbene avessi lavorato al gioco per quasi un anno, avevo chiesto molto poco ai miei dipendenti, limitandomi fondamentalmente a coinvolgere la gente negli occasionali test o discussioni progettuali. In quel periodo, lo studio era indaffarato e volevo dare la priorità ad altri progetti. Si trattava anche di una preferenza personale. Dopo Oath, che è stato decisamente un lavoro di squadra, volevo lavorare un po' da solo. Ora che il tempo stringeva, ho dovuto smettere di essere permissivo verso me stesso.

Il progetto era semplice. Ci saremmo dati da fare per creare il gioco da una singola sessione più bello da vedere e da giocare che potevamo. Questo gioco sarebbe stato spedito in forma di kit ai previewers e versioni digitali di quello stesso kit sarebbero state disponibili per i finanziatori il giorno 1. Poi, nel frattempo, mi sarei allontanato dal progetto per tornare a lavorare alla modalità campagna, che a questo punto era stata dimenticata per mesi mentre ci occupavamo di altre cose. La priorità era quella di riallineare la modalità campagna con alcuni dei miglioramenti nella qualità e nell'equilibrio portati alla versione da una sola sessione. Con un po' di fortuna e parecchie notti in piedi, sembrava fattibile avere una campagna “demo” completa che avremmo potuto mostrare alla gente in streaming e magari anche proporre come uscita a metà del progetto.

Questa strategia ha causato qualche vittima. Mesi prima, avevo detto ai previewers che avrebbero trovato la modalità campagna nella loro scatola. Sapevo che qualsiasi modifica a questo progetto sarebbe stata un po' come tirare il sasso e nascondere la mano. Dove possibile, ho cercato di comunicare e mi sono proposto di mostrare a chiunque desiderasse vederla una demo spettacolare della modalità campagna. Inoltre, trascorrerò la prossima settimana circa assemblando kit campagna. Sembra un po' una sciocchezza, perché nel tempo che essi saranno spediti, ricevuti e giocati probabilmente la campagna sarà terminata, ma non mi piace deludere la gente e voglio che le persone vedano chiaramente quanto ambizioso era il progetto. Chiaramente, dovevo anche spiegare la decisione di dividere in due il prodotto a tutti voi. Ho parlato pubblicamente di questo gioco per un bel po' di tempo e per la maggior parte di esso ne ho parlato in relazione alla modalità campagna. Avevate tutti bisogno di una spiegazione. Non cercate oltre.

A questo punto, rimane un sacco di lavoro da fare su entrambe le modalità di Arcs. Il gioco a sessione singola è affascinante e potente, ma ci vorrà ancora un po' prima che sia opportunamente messo a punto e possa centrare tutte le giuste narrative e i ritmi di gioco. La campagna è probabilmente il progetto più ambizioso in cui mi sia mai cimentato. Ma, sebbene ambizioso, è anche paradossale e ha molto più in comune con Cosmic Encounter che con Twilight Imperium. Davvero sono impaziente che vediate come tutte queste trame possano dipanare il gameplay centrale.

Resta ancora molto lavoro da fare, ma so che tutti qui a Leder Games sono impazienti di affrontare le sfide che verranno. Semplicemente, non esiste un altro team con cui vorrei lavorare ad un progetto così importante e nessun pubblico diverso da voi per cui vorrei realizzarlo.

Ci vediamo la prossima settimana.

Commenti

L'avevo già letto su BGG, ma per onorare il lavorone di traduzione di Rin gli darò un'altra lettura in italiano, con calma vista la lunghezza del testo

Complimenti innanzitutto a Rin per aver tradotto questa enormità. 

Sono contentissimo del pledge di Arcs e Wehrle si conferma non solo uno dei game designer migliori degli ultimi anni, ma questi diari confermano una capacità progettuale e una visione fuori dal comune.

e niente. sono ancora al''inizio della mastodontica lettura e Cole mi ha già steso a colpi di citazioni di libri che adoro e considerazioni sui giochi veramente interessanti. forse i suoi giochi (che poi conosco bene solo root e le sue espanzioni eh...) non vedono il nostro tavolo quanto meriterebbero, però il suo genio e soprattutto la sua voglia di sperimentare me lo fanno apprezzare come IL gamedesigner di 'sti tempi. 

Concordo con le affermazioni di Agzaroth e glitcher qui sopra. Wehrle è un game designer eccezionale, fuori dal comune.

Li avevo divorati su BGG, e mi ero guardato anche diversi video su YT in cui parlava di questo e di altri progetti.

Anche se finora nessuno dei suoi giochi mi è piaciuto, il suo modo di approcciarsi al game design è molto interessante. Il fatto che renda sempre disponibili i suoi pensieri rende più facile capire come e perchè intenda esplorare nuove strade.

Oggi nelle pause a lavoro avrò la tab della TdG aperta per rileggermi tutto in ita e stupirmi di nuovo :)

Ottima traduzione.

Come al solito, trovo i diari di Wehrle molto più interessanti del prodotto finito. Ammiro lo studio e il concept dietro i suoi giochi, ma finora tutti i suoi titoli hanno toppato alla grande. Il problema, per me, è che Wehrle vuole offrire un certo tipo di narrativa e questo influenza il tipo di meccaniche (e l'ammontare di regole) utilizzate; io preferisco giochi in cui siano le regole a determinare l'esperienza.

A costo di sembrare un estremista, ho trovato molta più narrazione in una partita di Tigris & Euphrates che in una soporifera sessione di Oath. In T&E mi sento l'attore delle vicende, in Oath mi sento un manichino nelle mani del designer.

Il problema dell'interazione in Arcs sembra essere risolto con un sistema di prese che forza l'interazione tra giocatori che potrebbero tuttavia avere obiettivi diversi, non ha molto senso per me. Brian Boru offre un sistema di prese che ha senso, perchè la mano rappresenta le tue capacità politiche e militari rispetto ai tuoi contendenti, ma in Arcs? Perchè dovrei competere per una presa se mi trovo dall'altro lato della galassia e ho un obiettivo completamente opposto ad un'altra fazione?

E' questa "ingegnierizzazione inversa" delle meccaniche che proprio non mi attira; io preferisco giochi la narrativi segue spontaneamente le regole e non giochi in cui la narrativa viene prima e le regole sono artefatte per sorreggerla. E' una filosofia condivisa da un altro designer da urticaria, Volko Ruhnke, che secondo me porta a giochi sterili e pilotati.

Come tutti i suoi giochi, lo proverò.

In primis, complimentissimi per la traduzione, è stata una lettura molto interessante.

Trovo molto bello poter capire, per me che gioco ma non ho mai progettato un gioco...capire cosa ci sia dietro...vedere idee che arrivano e vengono cancellate per poi magari essere riprese ma in maniera diversa.

Bello ed interessante.

Grazie ancora per la traduzione 

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